Zoom, una delle app di videoconferenze più utilizzate in questo momento è stata accusata di diffondere illegalmente le informazioni personali degli utenti. L’allontanamento sociale è obbligatoriamente richiesto dal COVID-19 e produce due reazioni differenti. Alcuni cercano di adattarsi alla nuova realtà, altri aspettano il ritorno alla normalità.
L’adattamento riguarda anche gli uffici giudiziari e i casi già iniziati che devono essere decisi. Il sistema giudiziario deve fare un passo indietro e aspettare la fine della pandemia o deve adattarsi a una nuova realtà?
La tutela della privacy e la vendita dei dati
Gli esempi più interessanti di decisioni che saranno prese in merito al processo virtuale arrivano dagli Stati Uniti e riguardano la privacy. Un esempio che deciderà chi avrà la meglio tra quelli che vorrebbero aspettare la fine della pandemia e il ritorno alla normalità, è offerto dalla controversia sulla privacy che coinvolge l’app Weather Channel.
Secondo quanto denunciato dalla procura di Los Angeles, l’applicazione mobile Weather Channel, sulle previsioni meteo, è stata accusata di aver segretamente raccolto i dati di geolocalizzazione dei suoi utenti e di averli venduti a una decina di siti di pubblicità e di aziende di analisi di mercato.
Il caso è stato presentato nel gennaio 2019 e adesso dovrebbero essere sentiti i testimoni. Per questo IBM – proprietaria dell’app – ha depositato un’istanza chiedendo al giudice di disporre che le testimonianze vengano rese da remoto. Ma parte querelante vuole aspettare che la pandemia finisca.
“I convenuti riconoscono le circostanze straordinarie che stiamo affrontando”, scrivono gli avvocati di IBM. “Ma la querelante ha assunto una posizione impraticabile che porterà inevitabilmente (e inutilmente) a ritardi ingiustificati. La querelante rifiuta di procedere con le deposizioni dei testimoni dei Convenuti, che si trovano a New York e Atlanta, almeno fino a quando venga revocato in California l’attuale ordine “resta a casa”.”
Ora, il giudice della corte superiore di Los Angeles si trova di fronte a quella che potrebbe essere una prima decisione nel suo genere nel bel mezzo della pandemia, COVID-19.
Zoom, tutti i problemi di sicurezza
Mentre alcuni aspettano il ritorno alla normalità, altri stanno sfruttando al meglio la nuova situazione. Costretti a distanziarsi fisicamente dai colleghi, molti usano Zoom anche se la tecnologia di videoconferenza si trova ad affrontare e difendersi da chi la accusa di violare la privacy e la sicurezza.
Cos’è zoom meeting e come funziona per le videoconferenze (link download): ma è sicuro?
Sicuramente Zoom è tra le poche ad aver beneficiato della pandemia del Coronavirus. Le azioni azioni di Zoom hanno più che raddoppiato il loro valore. Zoom a dicembre 2019 contava 10 milioni di utenti, oggi ne conta oltre 200 milioni. Gli investitori hanno scommesso sull’aumento del suo utilizzo visto che sempre più persone lavorano da casa, gli studenti seguono le lezioni online o utilizzano la app per tenersi in contatto e incontrare gli amici.
Zoom è stato usato anche per la nuova versione “tutti a casa” del Saturday Night Live. L’esperimento “commedia chat di gruppo” ha ottenuto ottime recensioni, anche se non era proprio uno show dal vivo.
Ma se la televisione e il famoso show non hanno avuto avuto dubbi sulla piattaforma da utilizzare, se si dovesse utilizzare un software per ascoltare i testimoni in un processo, dovrebbe essere molto sicuro dal punto di vista della privacy e dei dati che vengono condivisi per accedere alle videoconferenze.
Zoom è pronto per il processo virtuale? Pare che la piattaforma debba essere migliorata da questo punto di vista. Infatti Zoom è stata accusata di aver raccolto i dati nel momento in cui gli utenti installavano o aprivano l’applicazione e di condividerli a loro insaputa con Facebook.
Secondo l’accusa, le modalità del trattamento dei dati personali non rivelavano che l’applicazione contenesse un codice che li trasmetteva direttamente a Facebook e potenzialmente a terze parti. Zoom non ha immediatamente dato spiegazioni all’accusa. Solo successivamente la società ha fatto sapere di aver cancellato il ‘codice rivelatore’.
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