Il software, può trovare protezione essenzialmente tramite due istituti: quello del brevetto per invenzione e quello del diritto d’autore.
Il software, per essere tutelabile, deve necessariamente rispettare quelli che sono i requisiti richiesti per qualsiasi invenzione: deve possedere carattere tecnico (cioè presentare caratteristiche tecnologiche sostanziali e non puramente commerciali o matematiche), e deve possedere la novità, l’attività inventiva e l’applicabilità industriale. In alternativa, il software può essere tutelato mediante la legge sul diritto d’autore.
La tutelabilità del software tramite il brevetto per invenzione è soggetta ai requisiti di industrialità e di livello inventivo che condizionano la brevettabilità di qualsiasi invenzione.
Stando al requisito dell’industrialità, il software risulta proteggibile laddove contribuisca alla soluzione di un problema tecnico. Così ad esempio macchine, processi di produzione e sistemi di comando che siano controllati tramite un determinato software risultano suscettibili di protezione brevettuale.
Il principale vantaggio della protezione offerta dal brevetto è costituito dal fatto che la protezione brevettuale non si limita a impedire la copia brutale del programma (come nel copyright) potendosi invece focalizzare sulle idee di soluzione, di portata più ampia ed essenziale, che sono alla base dello stesso, così da non risultare più sufficiente discostarsi dalla sua forma espressiva (scrittura) per poterne aggirare la protezione.
La legge brevetti italiana (Art.12 c.2/b), come pure la Convenzione sul Brevetto Europeo e la legislazione di altri paesi, escludono la protezione dei programmi per elaboratori in sè e in particolare la protezione di programmi di applicazione in un generico PC.
Tale esclusione tuttavia nella giurisprudenza di alcuni Uffici Brevetti è stata oggetto di alcuni distinguo miranti a riconoscere la proteggibilità di un programma di applicazione generica tutte le volte che è ravvisabile in esso la soluzione di un problema tecnico o un qualche effetto tecnico.
Così ad esempio presso l’Ufficio Brevetti Europeo è stata riconosciuta la proteggibilità di programmi che durante la loro esecuzione miglioravano sotto alcuni aspetti le prestazioni e le modalità operative del computer.
Il copyright del software offre sostanzialmente protezione unicamente nei confronti della pura copia
La legge sul diritto d’autore nel 1992 ha esteso il suo ambito di protezione ai programmi per elaboratore. Questa forma di protezione del software presenta il vantaggio di non essere necessariamente onerosa (in quanto non esige obbligatoriamente le formalità della registrazione) e di non richiedere particolari requisiti di originalità di contenuto.
Infatti la legge sul diritto d’autore limita la sua protezione alle pure forme espressive con esclusione del loro contenuto, allo stesso modo nei confronti del software la legge limita la sua protezione alla mera modalità di scrittura dello stesso con espressa esclusione (Art.2 d.a.) di ogni suo contenuto o idea ad esso sottostanti (vale a dire di ogni algoritmo risolutivo e procedura seguiti nel programma per il raggiungimento dei suoi scopi).
La tutela giuridica del software dovrebbe passare attraverso un brevetto?
La Intellectual Ventures, società fondata nel 2000 da due ex-Microsoft, è il simbolo del nuovo mercato di compravendita dei diritti da parte di aziende che non creano nessun prodotto. Fanno causa alle multinazionali e con i miliardi ottenuti finanziano gli scienziati: “Sono loro la parte debole.”
La Intellectual Ventures possiede circa quarantamila brevetti e può essere vista come un’azienda innovativa che difende gli inventori e li aiuta ad essere retribuiti per le loro idee, o come il principale “patent troll” del pianeta.
Cos’è un “patent troll”?
I troll dei brevetti sono imprese si dedicano unicamente ad acquistare brevetti e denunciare altre aziende che li violano con i propri prodotti.
Chi compra un brevetto, spesso da un’azienda in bancarotta, fa causa ad un’altra azienda accusandola di violare quel brevetto con uno dei suoi prodotti; ma il patent troll normalmente fa causa ad altri, pur non avendo alcuna intenzione di utilizzare il proprio brevetto per realizzare prodotti o servizi. In pratica si limita a possedere il brevetto e realizzare denaro attraverso di esso. Compra una tutela ma non il prodotto a cui si riferisce.
Questa è un’attività che può essere vista da due punti d’osservazione differente. Come una semplice attività “parassitaria”, simile a quella dei pirati; o come una giusta difesa dei brevetti a tutela di un software inutilizzato, delle idee di chi ha inventato e brevettato oggetti o servizi.
I brevetti che tutelano i software sono un peso morto per l’economia del paese e minacciano la libertà d’espressione protetta dal primo emendamento
Queste parole, pronunciate da una Corte d’appello federale potrebbero mettere una pietra tombale sul tema della brevettabilità del software e anche sulle tradizionali tutele imposte attraverso il copyright.
Nessuna tutela giuridica del software e nessun brevetto su quegli antivirus
La corte federale (15-1769-opinion-9-28-2016-1) ha deciso su uno dei primi casi che coinvolge il settore della cybersecurity. La decisione si riferisce a una causa intentata da Intellectual Ventures a 2 compagnie produttrici di anti-virus: Symantec e Trend.
A completare il quadro la definizione, sempre della corte, di “patent troll” riferita agli appellanti, che, nell’ambiente, sono noti per sfruttare vecchie idee, brevettarle e poi usarne il riconoscimento di proprietà per fare causa ad aziende che invece il software lo producono per davvero.
La rivendicazione di questi brevetti è stata definita astratta: le idee non possono essere brevettate e, ancora di più non possono esserlo se non rappresentano un miglioramento dei computer stessi.
Ma il pezzo forte della decisione è questo:
“Il software si situa nell’anticamera delle invenzioni brevettabili. Questo perché il software genericamente implementato è una “idea” collegata in maniera insufficiente a una struttura fisica diversa da un computer standard, ed è solo il precursore della tecnologia ma non la tecnologia stessa.”
La decisione è significativa.
Il giudice ha affrontato il tema nel contesto più ampio della tecnologia e dei monopoli governativi affermando che la proprietà intellettuale può limitare la libertà d’espressione garantita dal primo emendamento e dal concetto di fair use che andrebbe applicato anche ai brevetti.
Anzi è andato oltre, dicendo che tale salvaguardia può essere individuata nella Sezione 101 del Patent Act, la legge sui brevetti, che dice che “le idee astratte non possono essere brevettate”.
La tutela giuridica del software implica il brevetto del linguaggio: il software deve essere tutelato in modo diverso
Il software è un tipo di linguaggio e la proprietà intellettuale dovrebbe essere limitata a libri e musica.
Se qualcuno brevettasse l’alfabeto, i dialetti o le lingue, saremmo costretti a pagare per il sistema operativo basico della nostra società, e ogni parola che ci consente di sopravvivere e cooperare.
L’attuale sistema brevettuale statunitense è costoso e danneggia le compagnie che producono prodotti e offrono lavoro. Fortunatamente da più parti le decisioni delle corti hanno reso il patent trolling meno profittevole.
Programmi informatici, software, codici, layout
La produzione di software e codici informatici è tutelata dal diritto d’autore. La violazione delle norme sul diritto d’autore comporta sanzioni anche penali, soprattutto se chi utilizza illegittimamente l’opera altrui lo fa con fini di lucro.
L‘indicazione del copyright che si trova in molti siti (completa di nome dell’autore o del titolare dei diritti economici, nonché della data) rende esplicita la protezione dell’opera, ma anche in mancanza non ci si deve sentire autorizzati a copiare o riprodurre parti delle opere che si trovano in rete.
Che ne pensi della tutela giuridica del software? Sei a favore dei brevetti sul software oppure ti schieri tra i promotori del software e di internet libero?
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