Social media e libertà di parola
Salt Lake Comic Con, l’evento per chi ama i fumetti, sta affrontando una restrizione “senza precedenti” che riguarda la libertà di parola sui social. I Fan potranno discutere e condividere opinioni e immagini dei loro personaggi preferiti (cosplay); le aziende potranno pubblicarne le fotografie, ma Comic-Con subirà restrizioni sull’uso dei marchi e dei documenti esibiti in giudizio. L’ha deciso la nona sezione della Corte di Appello che ha emesso un provvedimento di urgenza per impedire ai litiganti di discutere online del processo in corso.
Il fatto
La controversia riguarda Comic-Con International, l’organizzazione del San Diego Comic-Con (SDCC) e gli organizzatori che gestiscono Salt Lake Comic Con (SLCC), sull’uso del termine comic con.
L’ordine del giudice è arrivato poco prima del Comic-Con di San Diego.
La gente si stava riunendo per ascoltare le nuove storie della seconda stagione di Stranger Things (Netflix). Il giudice del tribunale distrettuale statunitense, Anthony Battaglia, ha emesso, per l’occasione, una serie di divieti chiedendo ai litiganti di astenersi dal discutere sui social le questioni del caso relativo all’uso del marchio. Inoltre, il giudice ha limitato la pubblicazione di documenti giudiziari sui siti web e sui social media.
Social media e libertà di parola
Dan Farr e Bryan Brandenburg, che gestiscono il Salt Lake Comic Con hanno pubblicato un disclaimer sul loro sito web che riguarda il divieto di fare commenti. Battaglia ha imposto queste restrizioni dopo aver esaminato più di 200.000 articoli, pubblicati online sulla vicenda, che, secondo il Giudice, avrebbero contaminato l’esito della controversia. Gli organizzatori del Salt Lake Comic Con sono stati costretti a dichiararsi colpevoli: San Diego Comic-Con aveva commesso una frode registrando il marchio.
Il caso non è proprio di frode, o almeno, tali affermazioni sono state respinte.
Farr e il Brandeburgo, organizzatori del Salt Lake Comic Con, insistono sul fatto di avere il diritto di parlare. In una petizione, definiscono i divieti del giudice come incostituzionali, vaghi e coercitivi. Sostengono che l’ordine del giudice del giudice equivale ad una limitazione in contraddizione con il loro diritto alla libertà di parola. Aggiungono che il divieto di parlare della controversia su Facebook e su altri canali è troppo generico.
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