Parlare male dei competitor su internet e in particolare su Facebook è concorrenza denigratoria? È successo a due società di abbigliamento per cani.
Il Fatto
For Pets Only s.r.l. (“FPO”) è un’azienda attiva nel settore dell’abbigliamento e degli accessori di lusso per cani di piccola taglia.
Anche la sig.ra Sonja Grassi della “Grace Graciola Bau Couture”, opera nello stesso settore merceologico. FPO ha citato in giudizio la Sig.ra Grassi per concorrenza sleale e violazione del diritto di privativa in relazione al marchio registrato “disegno di topolino”.
Ma cosa è realmente successo?
Pare che la Sig.ra Grassi abbia imitato, copiandole, le linee moda ideate, confezionate e commercializzate da parte attrice e abbia pedissequamente riprodotto le forme esteriori, originali, distintive e individualizzanti, dei prodotti di FPO.
In più avrebbe utilizzato:
- per i propri prodotti nomi analoghi a quelli attribuiti da FPO alle sue creazioni e proposto i propri articoli a cifre sempre di poco inferi ori ai prezzi praticati al pubblico dall’odierna attrice;
- espressioni non molto carine sui propri profili facebook per definire le doglianze dedotte da FPO (frutto di “manie di protagonismo e di persecuzione”), delle ulteriori “detrazioni e maldicenze” allargate anche alla politica commerciale dell’attrice, ed in particolare la scelta di vendere i prodotti in centri commerciali, o in negozi non monomarca;
- avrebbe diffuso due “Comunicati” sui profili facebook di Grace Graciola Bau Couture, ove la sig.ra Grassi interpreta la scelta di FPO di esporre i propri prodotti presso un corner della catena Arcaplanet come sintomo di un decremento della qualità dei suoi prodotti, che si troverebbero ora in un supermercato per animali “… tra le tante crocchette … pappe … etc.” con ciò dimostrando che “il loro prodotto è da ‘grande distribuzione’”; del gennaio 2013, ove parte convenuta minaccia FPO che “se non porrete fine alle infondate chiacchere che ci riguardano e qualora dovessimo riscontrare ‘intoppi’ nello svolgimento della nostra attività lavorativa che riterremo essere frutto di vostre azioni e strategie atte a danneggiarci provvederemo a ‘condividere’ con i molti ‘amici’ che abbiamo in comune (e non parliamo ovviamente solo di fb) le fotografie in nostro possesso che ritraggono molto chiaramente I VOSTRI CAPI IN FASE DI CONFEZIONAMENTO PRESSO GLI SQUALLIDI NEGOZIETTI CINESI MILANESI ai quali vi affidate”, arrivando addirittura – nei vari commenti seguiti a detto post – a esprimersi in termini offensivi nei confronti di soggetti riferibili a parte attrice (“Squit Squit alla Culona … a Miss Tramezzino … che ormai sono fonte di barzellette peggio dei carabinieri!!! Ahahah”) e definendo la loro collezione “Fondi di magazzino Collection”;
- avrebbe contraffatto segni distintivi altrui, tramite l’illegittima replicazione, su moltissimi suoi prodotti, dell’effige di un “topolino” identica a quella utilizzata come marchio da FPO.
La concorrenza sleale e la denigrazione commerciale
Ai sensi dell’art. 2598, n. 2, c.c. costituisce denigrazione commerciale la diffusione da parte di un imprenditore di notizie relative ad un proprio concorrente idonee a influire negativamente sul giudizio del pubblico. Le notizie devono essere idonee a causare, anche solo potenzialmente, un danno concorrenziale, che si traduce, nella sostanza, in maggiori difficoltà sul mercato (perdita di clientela o di fornitori, ricadute sull’organizzazione dell’impresa).
Facebook come strumento per denigrare il competitor
È pacifica la idoneità del social network Facebook a conferire ai post ivi pubblicati quella “diffusività” richiesta per l’integrazione dell’illecito di concorrenza denigratoria. Le modalità di funzionamento di detto social network permettono, infatti, la visibilità dei messaggi ivi pubblicati a prescindere dal fatto di essere “amici” della titolare della pagina dove essi compaiono, giacché quest’ultimo ben avrebbe potuto optare per un profilo c.d. “aperto”, ossia visionabile dall’intera comunità del social network. Peraltro, la capacità diffusoria di detto social network è stata pacificamente riconosciuta da plurima giurisprudenza di legittimità e di merito, che ha affermato come Facebook costituisca luogo e mezzo di divulgazione di contenuti anche in tema di ingiuria e diffamazione, ivi definito come “luogo aperto al pubblico” (Cass. pen., 11 luglio 2014, n. 37596), nonché ritenuto finanche oggetto di concorrenza sleale confusoria (Trib. Torino, ord. 7 luglio 2011).
Conclusione: attenti a Facebook e a come lo usate!
La sig.ra Grassi è stata condannata a rifondere in favore di For Pets Only S.r.l. Unipersonale, a titolo di risarcimento del danno, la somma di euro 30.000,00 oltre interessi compensativi nella misura legale dalla data della domanda al saldo.
Leggi la sentenza: Parlare male dei competitor su Facebook
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