Ispirazione o pura copia nella moda. Ha descritto i suoi disegni come “non letteralmente tribali”. Ma per la piccola comunità di donne messicane indigene, i disegni della fashionista Isabel Marant sono molto più che letteralmente tribali.
Ispirazione o pura copia nella moda? È questo il dibattito che si è aperto a giugno di quest’anno attorno alla stilista francese Isabel Marant, accusata nuovamente di plagio da una comunità indigena messicana di Santa Marìa Tlahuitoltepec, in provincia di Oaxaca.
La stilista avrebbe palesemente copiato nella sua collezione primavera-estate 2015, alcuni pezzi di abbigliamento tradizionale messicano, riproducendo letteralmente gli elementi grafici creati dalla comunità e stampati, tali e quali, su una delle camicette della sua collezione.
Un disegno facilmente riconoscibile che, nel caso in cui le accuse venissero confermate, non risulterebbe certamente creazione esclusiva della stilista.
A rendere la situazione ancora più complicata è proprio il fatto che la Marant – conosciuta per la lotta che porta avanti da anni contro tutte quelle aziende che copiano il suo lavoro – si ritrova immersa in un altro conflitto con il brand francese Antik Batik a causa dell’utilizzo di alcuni di questi motivi tradizionali indigeni.
Dal canto suo la stilista si è difesa sostenendo di non aver mai detto che questi disegni fossero sue creazioni personali.
In una conferenza stampa la portavoce della comunità di Santa Maria Tlahuitoltepec ha dichiarato:
Isabel Marant sta commettendo un plagio, perché la collezione primavera – estate del 2015 Etoile contiene gli elementi grafici specifici della camicetta Tlahuitoltepec, un disegno che ha oltrepassato i confini, e non è una creazione originale come afferma la designer
L’abito tradizionale della comunità indigena Mixe a Santa Maria Tlahuitoltepec, Oaxaca, Messico meridionale è un simbolo della loro identità. L’abito è in vendita sul sito di modo Net-A-Porter per £ 200, l’equivalente di 4.500 pesos messicani. La camicia originale Tlahuitoltepec costa circa 300 pesos.
Il popolo di Oaxaca chiede che il patrimonio della sua comunità sia riconosciuto come tale e che la Marant rimuova la camicia dalla sua collezione.
Adriana Aguerrebere, della ONG Impacto, ha detto
La comunità la invitò a visitare e conoscere le donne artigiane che hanno creato l’indumento per tante generazioni … e la comunità ha inoltre invitato le autorità a lavorare nella legittimazione del patrimonio collettivo delle popolazioni indigene
Il dibattito sulla appropriazione culturale e la proprietà intellettuale è un problema attuale nel settore della moda e sono numerosi i casi in cui gli stilisti occidentali hanno polemicamente preso ispirazione da culture di tutto il mondo.
Victoria Secret è stata costretta a chiedere scusa dopo che la modella Karlie Kloss ha indossato un copricapo piumato ispirato ai nativi americani in passerella alla Paris Fashion Week nel 2012.
Un blog che rappresenta i diritti dei popoli indigeni, ha reagito dicendo: “Non è divertente, questo non è un personaggio di fantasia. Si tratta della nostra cultura.” Il marchio underwear ha risposto in un comunicato che “non voleva offendere nessuno “.
Nello stesso anno, i Navajo hanno citato Urban Outfitters dopo che per mesi la tribù aveva inviato lettere di diffida al marchio chiedendo che rimuovesse il nome Navajo dagli altri elementi, tra cui una fiaschetta, dei suoi pantaloni a vita bassa.
Lo stilista Paul Smith è stato messo sotto accusa per aver modificato un chappal Peshawari – un sandalo in pelle indossato nelle zone del Pakistan – e averlo chiamato Robert. Si aggiunga che il sandalo veniva venduto per il modico prezzo di £ 300, quando i chappals tradizionali generalmente costano meno di £ 15. Dopo una diffida, Paul Smith ha detto che il sanalo si “ispirava al chappal Peshawari”, e ha rimosso il nome Robert.
Allo stesso modo, la comunità indigena sta alla Marant il riconoscimento del loro design tradizionale. In una dichiarazione ufficiale chiedono alla designer francese di riconoscere l’imitazione del modello tradizionale, e la invitano a rispettare gli artigiani.
Hannah Marriott, fashion editor del Guardian, dice:
Le azioni legali, se dovessero essere instaurate, sarebbero accuratamente osservate dall’industria della moda – l’appropriazione culturale è un tema che esce di nuovo e di nuovo nel settore. C’è sempre un dibattito acceso su dove l’ispirazione finisca e dove cominci il plagio
L’ufficio di Marant ha dichiarato:
Prima del tribunale distrettuale di Parigi, Isabel Marant sta lottando per fare chiarezza: lei stessa ha presentato delle osservazioni che indicano espressamente che questi disegni provengono dal paese di Santa Maria Tlahuitoltepec, in provincia di Oaxaca, in Messico … Inoltre, la signora Isabel Marant, dopo aver tracciato la vera origine di questi vestiti, ha ufficialmente informato il tribunale: ‘Da parte sua, la signora Isabel Marant non ha la pretesa di essere l’autore di questo tunica e questi disegni’
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