Cosa hanno in comune Woody Allen, Rihanna e Thom Yorke? Sono famosi e la loro immagine vale. Dopo anni spesi di intelletto e creativitĂ in favore dell’industria del cinema e della musica, sto parlando di Woody e Thom, Rihanna ha altre qualitĂ , mi pare piĂş che legittimo che, per concedere il consenso a far sfruttare al prossimo, sconosciuto e avido, la propria immagine, star del calibro di quelle sopra citate debbano essere in qualche modo convinte e soprattutto debba essere di loro gradimento la stampa delle loro facce pubblicata ovunque nel mondo. Serve il loro consenso per affiancare un brand al loro ritratto. Occorre che non si dia un messaggio sbagliato. Oltre al ritorno economico che, raggiunta una fama è sicuramente importante, c’Ă© l’onore e la reputazione da difendere.
T-shirt di Rihanna
Lo sa bene Rihanna che ha di che festeggiare.
La popstar ha infatti vinto una causa contro il retailer britannico Topshop, citato da lei in giudizio per la vendita di T-shirt che vedevano ritratta la sua immagine, quella con lo sguardo intelligente e provocante da pop star. Si trattava di una foto scattata da un famoso fotografo durante le riprese del video della sua canzone “We found love” e utilizzata per promuovere l’album della cantante “Talk that Talk“. La questione è che nessuno gli aveva dato il permesso e che forse anche lei, seppure il suo campo artistico non sia quello della moda,  si era resa conto che lo scatto non era uno dei migliori da far circolare. Inizialmente messe in commercio con l’espressione Rihanna tank, il nome delle magliette, dopo la denuncia della cantante, era stato modificato in Icon Tank.
Icona dello stile e dell’eleganza!
Rimaneva però il fatto che non fosse stata chiesta l’autorizzazione per l’uso della foto. La correzione è stata vana perchĂ© il giudice dell’Alta Corte britannica, Justice Birss, ha deciso in favore di RiRi, sottolineando quanto questa commercializzazione di T-shirt avesse causato una perdita di reputazione della cantante nell’ambito della moda, soprattutto, direi io, per lo sguardo da star non troppo riuscito. Rihanna, al tempo – parliamo del 2013 – aveva appena debuttato in veste di stilista, grazie a una collection in collaborazione con River Island, brand – guarda caso – concorrente di Topshop. La collezione si poteva acquistare (legalmente) online, senza correre il rischio di inganni o di merchandising non autorizzati. 3 milioni di sterline. Questa, secondo i giudici d’appello britannici, la somma dovuta a Rihanna che, con i soldi ottenuti dal risarcimento per l’utilizzo illegittimo della sua foto, continua, senza badare alle critiche, la sua carriera di stilista contro tutti lanciando altre linea di moda e disegnando una serie di top, pants, maglie.
Woody Allen
Nel 2008 anche Woody Allen è stato vittima di un uso non autorizzato della sua immagine.
Woody non ci ha pensato due volte e ha citato in giudizio una nota azienda di abbigliamento, che in una campagna pubblicitaria aveva usato, senza autorizzazione, un fotogramma del film “Io e Annie” che lo ritraeva nei panni di un rabbino.
10 milioni di dollari: questo il risarcimento che l’attore e regista newyorkese aveva chiesto ad American Apparel, colpevole di aver utilizzato in una campagna pubblicitaria del 2007 la sua immagine senza aver chiesto, nè ricevuto l’autorizzazione per farlo.
L’uso dell’immagine di Woody
Si leggeva nei documenti depositati presso una corte di New York, non è mai stato concesso e risulta “particolarmente dannoso, perchĂ© Allen ha scelto di non sostenere commercialmente alcun prodotto negli Stati Uniti”.  American Apparel si era rammaricata di aver in qualche modo offeso o danneggiato un personaggio di primissimo piano nel panorama del cinema mondiale: “Ammiriamo profondamente Woody Allen come regista e come autore di graffiante satira politica e sociale e ci scusiamo sinceramente per averlo offeso”, si leggeva nel comunicato. L’azienda sosteneva infatti di non aver voluto sfruttare la fama dell’attore/regista per vendere: l’immagine di Allen “vestito come un personaggio della tradizione hassidica, accompagnata da un testo in lingua yiddish, ha un significato di parodia sociale” e rientrava nell’intento di American Apparel di utilizzare le affissioni pubblicitarie “anche per veicolare messaggi non commerciali, ma di interesse politico e sociale.”
Thom Yorke
Ma che dire del povero Thom Yorke che invece è stato illegittimamente sfruttato per dare un’immagine al disagio e al mal di testa.
Un iraniano piazza il faccione non molto felice di Thom Yorke sulla copertina di un manuale sui problemi di coppia. Sessuali e non. Ad accorgersi del cameo è stato l’utente Twitter@Mehr_DaD, che dice di aver trovato il libro “tre anni fa, nella Libreria gestita da mio zio a Mashhad, Iran.”
Detto questo, potete comprare il libro con sopra il frontman dei Radiohead on line. Se lo comprassimo tutti, magari un giorno potrebbe diventare un classico tradotto in più lingue. Anche un’azienda russa che produce analgesici contro l’emicrania ha scelto Yorke come testimonial, ovviamente a sua insaputa.
L’uso non autorizzato dell’immagine di persone famose
ChissĂ come si difenderebbero se Thom decidesse di fare causa contro l’autore del manoscritto iraniano e contro l’azienda di analgesici russi. Certo non è stato carino da parte loro associare l’immagine del cantante alla depressione e al mal di testa, anche se effettivamente, la faccia di Thom non sarebbe credibile per pubblicizzare il nuovo farmaco per la gioia di vivere o un centro benessere. Che sia un modo nuovo e alternativo per farsi conoscere anche ai consumatori che hanno problemi di coppia in Iran e mal di testa in Russia?  Thom è un promotore della condivisione e dello scambio di creativitĂ on line e certi metodi per farsi pubblicitĂ sono sicuramente piĂą intriganti e redditizi di quelli tradizionali.
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