Il testimonial di un prodotto e gli obblighi del contratto

Il testimonial di un prodotto e gli obblighi del contratto: Rocchetta v. Fabio Insinna

Il diritto di immagine e il contratto del testimonial riguardano una modalità con cui si può pubblicizzare un prodotto. Il termine testimonial richiama proprio la testimonianza, l’asseverazione e l’attestazione di un fatto o di una circostanza. In una parola: rendere credibile una situazione. Ed è proprio quello che deve fare il testimonial, a favore del soggetto pubblicizzato, rendendolo più credibile ed affidabile in virtù del suo semplice “prestarsi alla causa”. Proprio in virtù di questo trasferimento di credibilità dal testimonial verso il pubblicizzato, il rischio che si corre è che in caso di vicende che ledono l’immagine del primo ne può risentire anche l’immagine del secondo.

Il testimonial è chi presta la propria immagine per una determinata campagna pubblicitaria. Il testimonial è generalmente un personaggio dello spettacolo, dell’arte o dello sport.

Tale personaggio si presta a pubblicizzare un prodotto, un marchio o un’azienda, mediante la sua immagine in campagne pubblicitarie televisive, sulla stampa o tramite manifesti e cartelloni pubblicitari. In cambio egli percepisce un compenso, semplicemente collegato allo sfruttamento della sua immagine.

Un esempio: Sabrina Ferilli per Wind diceva “quanto ci piace chiacchierare” stando al telefono con un sua interlocutrice.

Diritto di immagine e il contratto del testimonial

Le prestazioni del testimonial consistono generalmente nell’interpretazione di brevi scenette televisive, adatte al tipo di personaggio e di prodotto; oppure nel posare per fotografie che compaiono sui quotidiani o sui cartelloni stradali.

La particolarità sta nel fatto che la prestazione è completamente occasionale ed al di fuori dell’attività principale dell’artista o dello sportivo. L’artista non è per professione un soggetto che opera nel campo della pubblicità. Proprio questo aspetto di “esterno ai lavori” rende più credibile la pubblicità operata. Infatti il pubblico è portato a “trasferire” sul prodotto pubblicizzato la fiducia e la simpatia che ripone nel testimonial.

Ecco allora che si utilizza sempre nel contratto la clausola risolutiva espressa:

Qualora dovessero verificarsi eventi negativi o diffamatori che potrebbero danneggiare l’immagine della società ……, e riguardanti la persona del Testimonial, il presente accordo sarà risolto di diritto.

Lo stesso dicasi per le clausole legate all’aspetto fisico del testimonial e all’esclusiva

  • Il Testimonial si obbliga a non modificare il proprio aspetto fisico in modo tale da compromettere la propria istantanea riconoscibilità presso il pubblico.
  • Per tutta la durata del presente accordo il Testimonial si impegna a non consentire la diffusione della sua immagine, a scopo pubblicitario, per qualsiasi altra società.

    Il testimonial di un prodotto: il caso dell’acqua Rocchetta v. Fabio Insinna

Il testimonial di un prodotto è, di solito, una persona famosa del mondo dello spettacolo o uno sportivo professionista, che viene scelta per rappresentare un brand. Il Marchio, a cui si associa il personaggio persona fisica che lo pubblicizza, deve rispecchiarsi nel testimonial e viceversa.

Si assiste, in questi casi, ad una simbiosi tra brand e persona. Simbiosi talmente forte che i contratti che di solito regolano questo tipo di pubblicità, possono prevedere clausole e obblighi comportamentali che devono essere rispettati anche nella vita privata dal testimonial. Il fatto è che un personaggio famoso, testimonial di una campagna pubblicitaria, ha delle responsabilità ben precise, che riguardano anche la vita privata, nei confronti dei suoi fan e del brand che pubblicizza.

Le clausole morali dell’accordo del testimonial

Le clausole fondamentali dell’accordo del testimonial riguardano, dunque, anche le c.d. clausole morali. La Celebrity, che sottoscrive il contratto, ha l’obbligo di:

  • mantenere nella vita privata comportamenti eticamente corretti,
  • non rilasciare dichiarazioni che in un certo qual modo possano incidere negativamente sulla reputazione dell’azienda ecc.

La violazione di uno o più di queste clausole, parti essenziali dell’accordo, comportano, oltre alla risoluzione del contratto, anche la possibilità, se prevista, del pagamento di una penale a favore dell’azienda.

Il Fatto

Dopo i fuorionda mandati in onda da Striscia, Flavio Insinna deve affrontare anche una danno “collaterale.” Cogedi, la società che produce, l’acqua Brio Blu Rocchetta, ha sospeso gli spot televisivi che vedevano come protagonista Insinna.

“Noi per primi siamo rimasti stupefatti – ha scritto Cogedi rispondendo a una delle tante mail di protesta – da quanto trasmesso da Striscia la Notizia nelle serate del 23 e 24 maggio, in merito a comportamenti assunti dal signor Flavio Insinna nel contesto del programma Affari Tuoi e comprendiamo pertanto il suo disappunto. Stiamo rispondendo ad personam tramite il servizio consumatori o su Facebook alle richieste in merito. Ci rammarichiamo per quanto successo, anche noi siamo rimasti stupefatti. Alla luce di questo abbiamo deciso di sospendere i nostri spot in maniera definitiva“.

Lo spot di Brio Blu, a questo punto, non verrà più trasmesso in tv, mentre Cogedi conferma che non sono escluse eventuali ripercussioni sul contratto con Insinna, testimonial dell’acqua frizzante di casa Rocchetta. I provvedimenti nei confronti di Insinna potrebbero anche continuare con ripercussioni a livello contrattuale, secondo i portavoce di Cogedi: “Queste sono cose che valuteremo“. Di certo i presupposti per richiedere un risarcimento ad Insinna non mancano.

Cosa c’entra Fabio Insinna con il diritto di immagine? Quei famosi fuori onda, diffusi da Striscia La Notizia, in cui lo si sentiva insultare i concorrenti, con espressioni poco felici e usare un linguaggio scurrile contro gli autori di “Affari Tuoi”, continua ad avere pesanti ripercussioni su Flavio Insinna. Non solo in termini di immagine, ma anche dal punto di vista professionale.

Fabio Insinna e il diritto di immagine: Rocchetta chiede i danni e lui si difende su Facebook

La compagnia distributrice del marchio Rocchetta, di cui Flavio Insinna è stato testimonial, in seguito al famigerato scandalo sollevato da Striscia la Notizia che aveva già portato alla sospensione degli spot di cui l’artista era protagonista, l’ha chiamato in causa per danni all’immagine.

Fabio Insinna e il diritto di immagine: ancora strascichi a mesi di distanza.

La Co.Ge.Di. International, distributrice del marchio Rocchetta di cui Insinna è stato a lungo testimonial, in seguito alle proteste dei consumatori dopo lo ‘scandalo‘ sollevato da Striscia la Notizia e che ha visto proprio Flavio Insinna protagonista, ha deciso di chiedere un risarcimento per danni di immagine. L’attore e conduttore, però, non ci sta e passa al contrattacco su Facebook.

Lo dice proprio sulla sua pagina Facebook. Fabio Insinna si difende dalle accuse e dalla richiesta di risarcimento giudicandola infondata ed anzi ritenendosi, in qualche modo, danneggiato lui stesso dal comportamento della società distributrice del marchio. Avrebbero dovuto difenderlo, secondo lui, ed invece lo hanno lasciato solo, a combattere contro una campagna denigratoria della sua immagine e non del prodotto che lui stesso rappresentava.

Fabio Insinna e il diritto di immagine

La compagnia aveva già deciso di sospendere, in maniera definitiva, gli spot che vedevano il conduttore testimonial dell’acqua Rocchetta: Stiamo rispondendo ad personam tramite il servizio consumatori o su Facebook alle richieste in merito. Ci rammarichiamo per quanto successo, anche noi siamo rimasti stupefatti. Alla luce di questo abbiamo deciso di sospendere i nostri spot in maniera definitiva”, aveva fatto sapere.

Testimonial inconsapevoli di un resort di lusso alle Canarie

Diritto di immagine e testimonial inconsapevoli: si tratta di due noti personaggi, John Travolta e Andrea Bocelli che sono stati utilizzati per pubblicizzare un resort fantasma. Nel mondo delle celebrity e della contrattualistica succede spesso che il brand venga deluso da qualche comportamento non consono del testimonial al quale ha legato l’immagine.

Ma cosa accade se ad essere lesa non è l’azienda ma la Celebrity?

La domanda sorge a seguito del recente caso che vede coinvolti il cantante Andrea Bocelli e l’attore hollywoodiano John Travolta i cui nomi sono stati utilizzati per promuovere un faraonico progetto lussuoso nelle isole Canarie.

Un progetto fantasma che ha strumentalizzato l’immagine dei personaggi con un’inevitabile lesioni all’immagine e reputazione da parte delle vittime.

C’erano i nomi di John Travolta e Andrea Bocelli a fare da  esca ad un posto da favola. Quel resort lussuosissimo ai Caraibi poteva essere davvero un investimento a tutto tondo. Peccato peró che fosse una truffa. Perpetrata ai danni di 200 investitori  e risparmiatori in tutta Italia che avevano affidato somme di denaro (20 milioni di euro in tutto) alla società Puerto Azul International Holding Corp con sede alle Bahamas. La proposta era allettante: prendere parte ad un progetto per costruire un resort vacanze dei ricchi su un atollo al largo delle coste del Belize. Con un piccolo particolare peró: che le due isolette dove il complesso sarebbe dovuto sorgere non erano di proprietà della sedicente Puerto Azul. Perchè non edificabili in quanto sotto tutela ambientale.

I testimonial finti

I personaggi tirati in ballo come testimonial a garanzia non c’entravano nulla.

Letteralmente “messi in mezzo” durante un evento-spettacolo sulla Costa Azzurra. I nomi dello star system internazionale da John Travolta a Kelly Preston, fino all’italianissimo Andrea Bocelli. Tutti assolutamente ignari della truffa “L’immagine delle star è stata strumentalizzata, erano assolutamente estranee al progetto. Andrea Bocelli in particolare ha dato un contributo cospicuo alle indagini”.

Finite agli arresti sette persone accusate di far parte di un’organizzazione criminale internazionale dedita alla truffa aggravata, appropriazione indebita, abusiva attività finanziaria e bancaria, sollecitazione abusiva del risparmio, riciclaggio, falso in atti e sostituzione di persona.

A capo dell’organizzazione solo due uomini che gestivano una rete di collaboratori, venti dei quali sono stati indagati in questa maxi truffa del resort fantasma. Sequestrati 18 milioni di euro, oltre 26 immobili, quote societarie di 10 imprese, sei macchine e 18 conti correnti. Che giravano fra Italia, Svizzera, Inghilterra, Bahamas, Lussemburgo e Repubblica Dominicana.

Il testimonial e il diritto all’immagine professionale

Il diritto alla immagine professionale non va confuso con il diritto all’immagine – intesa come ritratto – tutelato dall’art. 10. Essa consiste  nella reputazione personale ed è volta a tutelare la valutazione che la comunità sociale dà di un soggetto in un determinato contesto.

Secondo la giurisprudenza il diritto all’immagine professionale e commerciale rientra tra i diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione.

Esso viene riconosciuto anche in capo alle persone giuridiche e agli enti collettivi, e la sua lesione può dar luogo al risarcimento dei danni sia patrimoniali che non patrimoniali.

Ad ogni modo questa seconda tipologia di diritti, sebbene venga comunemente indicata con l’espressione “diritto all’immagine“, non ha nulla a che vedere con i diritti relativi al ritratto.

Peraltro, si è affermato che è fondata la domanda risarcitoria avanzata dai genitori, esercenti la patria potestà sulla loro figlia minore, al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’esposizione dell’immagine di quest’ultima in una fotografia esposta nella vetrina di un negozio.

In base al disposto degli artt. 10 e 96 e 97, L. n. 633 del 1941, difatti, la pubblicazione dell’immagine di una persona è abusiva:

  • quando avvenga senza il consenso della medesima;
  • quando non sussistano le altre circostanze, espressamente previste dalla legge, idonee ad escludere la tutela del diritto alla riservatezza come, ad esempio, la notorietà dei soggetti esposti o la carica pubblica ricoperta.

Il diritto all’immagine deve identificarsi nel diritto della personalità. Tale diritto consiste nel divieto di divulgare, esporre o pubblicare la propria immagine senza il necessario consenso.

La possibilità di prescindervi sussiste nei soli casi in cui:

  • siano emergenti motivi di notorietà del personaggio ritratto, oppure
  • necessità di giustizia, polizia, scopi scientifici, didattici o culturali, ovvero
  • quando la riproduzione sia collegata a fatti o avvenimenti di interesse pubblico o svoltosi in pubblico.

E se il testimonial è una persona non famosa? Come proteggerne il diritto?

Il diritto di immagine delle persone non famose è regolato dal principio del consenso. Secondo tale principio nessuno può pubblicare l’immagine altrui senza il consenso della persona ritratta.

La violazione del diritto di immagine

Il principio generale è dunque valido per tutti, famosi e non famosi: la divulgazione dell’immagine deve essere autorizzata. Infatti il diritto di immagine è stato espressamente tutelato dalla legge sul diritto d’autore (RD n. 633 del 1941) che ha subordinato la liceità dell’uso dell’immagine di una persona alla prestazione del consenso da parte della stessa.

La pubblicazione dell’immagine è sempre vietata quando possa recare pregiudizio all’’onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritratta.

La valutazione circa la sussistenza, o meno, di un pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona derivante dall’uso dell’immagine viene normalmente compiuta dal giudice investito della controversia.

In conclusione, in materia di tutela dell’immagine, c’è violazione della legge quando:

  • venga pubblicata la foto di un individuo a sua insaputa;
  • si tratti di una persona non nota;
  • non ci sia il suo consenso ed la persona sia ritratta in un luogo non pubblico.

Diritto di immagine delle persone non famose: come proteggerlo?

Le deroghe

Le deroghe al principio del consenso ci sono quando la riproduzione sia giustificata:

  • dalla notorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto dal soggetto fotografato o
  • da ragioni di giustizia, di polizia e da scopi didattici, culturali scientifici o
  • infine perché collegata a fatti o avvenimenti di interesse pubblico.

Trovano applicazione solo quando si accerti che la pubblicazione risponde ad uno specifico interesse pubblico all’informazione, prevalente rispetto alla tutela
esclusiva dell’immagine.

Basandosi su questi elementi, ad esempio, il Tribunale di Napoli ha respinto le richieste risarcitorie avanzate da una cubista che aveva visto divulgare la propria immagine su un giornale in occasione della pubblicazione di un articolo sulle discoteche. (Non lede il diritto all’immagine la pubblicazione di una fotografia ripresa in un luogo pubblico (nel caso di specie “cubista” in una discoteca) pubblicata all’interno di un servizio giornalistico sulla vita dei locali notturni.)

Nella risoluzione della fattispecie concreta, il Giudice ha avuto modo di osservare come il pregiudizio all’onore ed alla reputazione debba essere valutato in concreto. Conseguentemente nessuna lesione dell’onore o della reputazione della cubista poteva essere ravvisata posto che la stessa aveva scelto di esporsi agli sguardi ed all’ammirazione del pubblico in discoteca.

Altro caso riguardava una persona non famosa, non nota, che non ricopriva alcuna funzione particolare, cui era stata scattata una fotografia. La stessa fotografia era stata riutilizzata dalla stampa a corredo di un articolo, in occasione di uno sciopero degli autobus. La foto, però, era di repertorio, ovvero scattata in precedenza e non in occasione di alcun evento pubblico. Per questo motivo la pubblicazione della foto è stata considerata indebita e sono stati riconosciuti  i danni patiti a seguito di tale pubblicazione, avvenuta senza il consenso della persona ritratta. (App. Napoli Sez. I, 16/03/2010 – Lu.An. c. Ed.Me. s.r.l. e altri).

La giurisprudenza, infatti, ha negato la tutelabilità dell’immagine in caso, ad esempio: di partecipazione a trasmissioni televisive, salvo che sia stato espressamente negato il consenso alla trasmissione del’l’immagine. I giudici di merito hanno ritenuto di poter ravvisare in dette circostanze una sorta di consenso implicito.

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