Come brevettare una ricetta è molto discusso e il diritto d’autore tende a non tutelare le ricette di cucina, anche se le nostre dispense sono letteralmente infarcite di Intellectual Property (lo sa bene lo chef Gualtiero Marchesi).
Come brevettare una ricetta o un prodotto alimentare in Italia
Per ovviare alla mancanza di tutela concessa dal diritto d’autore i brand: tutelano i marchi denominativi e figurativi che identificano bibite e prodotti alimentari in genere; le forme di alcune paste alimentari, snack salati e dolciumi (il così detto “food design“) configuranti “marchi tridimensionali”; il packaging in cui vengono venduti i prodotti food & beverage.
Per non parlare del brevettare un prodotto alimentare con le denominazioni di origine controllata (DOC) ed indicazioni geografiche tipiche (IGT) relative ai vini, delle denominazioni di origine protetta (DOP) che connotano lo straordinario agroalimentare italiano; dei tanti marchi collettivi dei consorzi istituiti a presidio dei disciplinari produttivi delle eccellenze del nostro paese.
Ed ovviamente sono molte le disposizioni di legge, in massima parte inserite nel Codice della Proprietà Industriale, che tutelano i brevetti alimentari e i summenzionati diritti di IP.
Ma qual è invece il rapporto, se ne esiste uno, tra la Proprietà Intellettuale e la preparazione estemporanea delle pietanze nei ristoranti?
Brevetti alimentari: proprietà intellettuale e cucina
Una ricetta di cucina è sostanzialmente composta da una lista di ingredienti e da un metodo che insegna come unirli tra loro per cui è, in sintesi, un procedimento che consente di ottenere un prodotto. Questo procedimento, e/o il prodotto ottenuto, potrà essere brevettato a condizione che sia nuovo ed inventivo e che produca un “effetto tecnico”. Non sarà quindi sufficiente cambiare un ingrediente con un altro al solo fine di ottenere un sapore diverso ma occorrerà che, attraverso il cambiamento del processo di lavorazione o la sostituzione di ingredienti, venga risolto un problema tecnico che potrebbe essere quello di ridurre l’importo calorico, ridurre i tempi di cottura, migliorare la conservazione di un alimento o la sua digeribilità.
Il problema del brevetto alimentare e della protezione delle ricette gastronomiche resta però rilevante ogni qualvolta esse non possano quindi essere brevettate o non si possa brevettare una ricetta. Si potrà sempre pensare di tutelare con la registrazione del marchio i nomi dei piatti, oltre che quello dello chef e con il design la forma caratteristica ed originale di un alimento. È altresì possibile intervenire se viene copiato il testo scritto di una ricetta e pubblicato senza autorizzazione, anche solo su Internet, purché la ricetta sia originale e non sia un mero elenco di ingredienti.
Il vero problema resta quello di cercare di ottenere l’esclusiva sulla ricetta intesa non come testo scritto ma come insegnamento su come realizzare un determinato piatto o alimento.
Brevettare ricetta: diritto d’autore delle ricette: la legge e la giurisprudenza
Si potrebbe facilmente opporre che nell’elenco di cui all’art. 1 ed all’art. 2 della legge sul Diritto d’autore (L. 22.04.1941 n. 633) non sono ricomprese le ricette di cucina e che difficilmente una ricetta potrebbe rientrare tra le opere che appartengono alla letteratura (salvo le ricette scritte come detto sopra), alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia.
Per replicare a questa obiezione mi appellerei a quella parte della dottrina, pur non maggioritaria, che ritiene che non si tratti di un elenco tassativo, anche perché la tassatività è sempre più stridente con le forme espressive del mondo che ci circonda che certo non potevano essere previste dal legislatore del 1941, anno a cui risale la legge sul diritto d’autore.
Inoltre la giurisprudenza, pur negando sempre apertamente la protezione delle idee “semplici”, tende a riconoscere la protezione a quelle che vengono definite le “idee elaborate”. La ricetta è, se si vuole, un format che esprime idee elaborate molto precise finalizzate a realizzare un’opera d’arte che è un nuovo piatto di cucina.
Come tutelare le foto dei tuoi piatti online
Se posti online i tuoi prodotti e il tuo competitor ti ruba le foto e le mette sul suo sito o sulla sua pagina Facebook per farsi pubblicità, come ti puoi difendere? Se hai un ristorante per invogliare i clienti a provare la tua cucina, posti i piatti del giorno sui social. E se le stesse fotografie le usasse il ristorante vicino? In fondo sono foto semplici di piatti e quindi non creative o originali.
Le foto semplici sono tutelate dal diritto d’autore? Nel caso del ristorante, il primo ristoratore (quello derubato) dovrebbe dimostrare che la sua fotografia, ha un carattere individualizzante. Quel piatto rappresenta la sua attività gastronomica e la sua creatività in cucina. Tale prova è sicuramente difficile da dare e forse sarebbe difficile anche vincere un’ipotetica causa.
Tutela delle fotografie semplici su Internet
Per quanto riguarda i diritti d’autore, in un ipotetico giudizio, il titolare di una foto semplice, come quella di un piatto, potrà rivendicarne i relativi diritti morali o esclusivamente la paternità. A seguito di una recentissima Sentenza del 7 novembre 2016, n 12188 del Tribunale di Milano, per le foto prive del carattere creativo, ossia semplici, la paternità dell’opera “verrebbe violata esclusivamente nel caso di disconoscimento della paternità e NON anche nel caso di omessa menzione del nome dell’autore.” Il ristoratore defraudato della sua foto, quindi, non potrà rivendicarne alcuna paternità per il solo fatto di non essere stato “taggato” dal competitor nella fotografia.
Watermark
La titolarità potrà essere tutelata esclusivamente quando, “l’autore” della foto abbia apposto dei watermark (ossia il nome o logo della società seguita dal simbolo ©), oppure abbia aggiunto alla foto un elemento corredato dal logo della società che ne attesti la titolarità. Se qualcuno elimina il watermark e utilizza la foto si configurerà un reato perseguibile penalmente per appropriazione indebita di materiale.
In conclusione, se hai paura che la tua foto possa essere usata da un competitor o da chiunque altro, faresti meglio a tutelarti, inserendo nella foto un segno riconoscibile che ne determini con certezza l’appartenenza a te. Per esempio, insieme al piatto, potresti fotografare il tuo logo sul tovagliolo oppure la tua faccia che compare specchiata sul cucchiaio.
Questi “trucchi” sono già usati online, non so se consapevolmente o meno. Fatto sta che, se cerchi per esempio “migliore hamburgheria di Roma”, guarda la prima foto che compare online. Il brand è li ben visibile.
Come difendersi dalle copie? Si può parlare di proprietà intellettuale in cucina quando si tratta di ingredienti, procedimenti, ricette, forma, design del piatto, sapore, profumo?
Un popolo di chef e aspiranti masterchef con cuochi star intoccabili e adorati dalle folle e ricette da brevettare. Non esiste una pietanza che non venga adattata e personalizzata in ciascuna famiglia, impossibile censire le lasagne al forno, per quante versioni esistono. In questo contesto da “gastrosociety” il tema della proprietà intellettuale del piatto è quanto mai d’attualità. Come per i computer alcuni sono per l’open source, ossia il software libero, accessibile e modificabile/migliorabile a piacere o per il sistema chiuso, end-to-end. Carlo Cracco ha persino teorizzato l’aglio in camicia nella pasta all’amatriciana (dove invece gli unici ingredienti ammessi dalla tradizione sono guanciale, pecorino, vino bianco, pomodoro San Marzano, pepe e peperoncino) con conseguenti polemiche da prima pagina.
Il dibattito è aperto: ma non per i super cuochi che si vogliono tutelare.
Ci provò il due stelle inglese Heston Blumenthal con il suo merluzzo arrostito speziato con lenticchie di Castelluccio. Lo chef provò invano a “depositare” il suo merluzzo. Gli avvocati di diritto d’autore continuano a sostenere che il problema vero sta nella difficoltà di provare la proprietà intellettuale di una ricetta che potrebbe essere frutto di una precedente rielaborazione, ivi compresa la nonna dello chef. Il problema della tutelabilità riguarda anche le trattorie. Lo chef Nicola Delfino di “Benito al Ghetto”a Roma s’è visto “copiare” le sue bugnole di baccalà. Anche per questo
nel giro di poco verranno emanate delle sentenze che obbligheranno il legislatore ad aggiungere una norma enogastronomica alla legge sul Diritto d’autore
Come brevettare una ricetta: il tema non è affatto solo italiano
Su eGullet, una nota piattaforma forum sul cibo, se ne dibatte continuamente. Ma gli avvocati del settore sono scettici. Sostengono che ad oggi non è possibile attribuire la proprietà intellettuale di una ricetta perché lo sviluppo naturale di un cibo non costituirà mai un passo d’ingegno, non potendo sapere effettivamente chi l’ha creato. E forse “nessuno può dirsi completamente innocente”, come sentenziato al Guardian da Wylie Dufresne, chef a New York di WD-50 a Lower East Side.
Nei ristoranti del futuro non ci saranno più gli ingredienti sul menu, non sai mai che qualcuno li appunti sul taccuino, cellulari saranno banditi per evitare che qualcuno immortali la inedita disposizione di tre ravioli nell’esclusivo piatto a forma esagonale. Al conto aspettatevi di vedere aggiunta la voce “royalty” sulle fettuccine allo zafferano ma non sulla tagliata di manzo che è “copyfree”. Aspettiamoci titoli nobiliari o accademici agli autori di piatti celebri, il Principe dell’Omelette ripiena farà lo “show cooking” in televisione con il Dottor in Due Uova alla Cocque.
Brevettare una ricetta è importante! Ecco un caso
È scoppiata a San Francisco una battaglia sul plagio di ricette di pasticceria. La pasticciera Caitlin Freeman ha accusato il San Francisco Museum of Modern Art di copiare le sue torte a tema artistico.
La Freeman e suo marito James hanno aperto il bar Blue Bottle al quinto piano del museo nel 2009, dove hanno creato una gamma di torte e dolci uguali alle opere di maestri come Andy Warhol, Jeff Koons, e Roy Lichtenstein.
La Freeman è anche autrice di un libro di cucina pubblicato nel 2013 dal titolo Modern Art Dessert, e il Blue Bottle Cafè da allora è cresciuto fino a diventare una catena nazionale di bar- pasticceria con sedi in tutti gli Stati Uniti.
Quando lo SFMOMA ha riaperto dopo una ristrutturazione pluriennale, i Freemans hanno perso lo spazio al quinto piano e la gestione del bar nel Museo è stata affidata ad altri.
Il fatto che le sue creazioni siano state copiate da un rivale dopo che il museo ha scelto di non rinnovare il contratto di Blue Bottle è particolarmente difficile per la Freeman da capire.
Ha detto al San Francisco Chronicle.
Se non volevano quello che stavo facendo, allora perché sta succedendo questo? Vorrei non mettere più piede al Museo. Ma non posso visto che è così bello.
Purtroppo, c’è poco spazio per risarcimento del danno da plagio nel settore alimentare, anche se imitazioni di tale portata possono sicuramente provocare gravi lesioni alla reputazione del pasticciere.
Ha aggiunto la Freeman:
È così di cattivo gusto, ma non c’è nulla che io possa fare al riguardo, Credo di dovermi accontentare di aver potuto scrivere e pubblicare il libro sui dolci d’arte
Lo Studio Legale Dandi fornisce assistenza legale in Marchi e Proprietà Intellettuale. Dai un'occhiata ai nostri servizi oppure contattaci!