“Grande e di effetto”: è il dispositivo della sentenza del 24 Giugno 2015 del Tribunale di Rotterdam che ha intimato a Danh Vō, artista danese-vietnamita, di consegnare entro un anno un’opera con queste caratteristiche al collezionista olandese Bert Kreuk.
Questa sentenza trae origine dalla citazione in giudizio dell’artista, da parte del collezionista olandese, per la mancata consegna di un’ installazione, commissionata per la mostra Transforming the known al Gemeentemuseum dell’Aja (di cui Bert Kreuk era anche curatore) che avrebbe dovuto riempire un’intera stanza, opera di cui sarebbe divenuto titolare una volta che fosse stata terminata.
“Una collezione come la mia è il risultato di una consapevole e attenta pianificazione. Ho venduto le opere al fine di crearmi spazio per il lavoro di Vō. Dal momento in cui lui non riuscì a consegnare, si è aperto un vuoto nella mia collezione ” ha detto il collezionista olandese.
“Transforming the known” esibiva parte della collezione privata di Kreuk, che conteneva, tra le altre, opere di Oscar Murillo, Mark Bradford, Alex Hubbard, Christopher Wool oltre che di Dahn Vō.
Danh Vō, pochi giorni prima della mostra, nel Giugno 2013 ha consegnato al Gemeentemuseum un’opera già esistente, “Fiat Veritas”, in virtù di un accordo sottoscritto direttamente con lo stesso Kreuk che invece si aspettava un’opera nuova. A suo dire egli avrebbe commissionato la nuova opera nel Gennaio 2013, pattuendo un compenso di 350.000 dollari.
Vō ha sempre negato quest’accordo di cui, apparentemente, non c’è nessuna evidenza, sostenendo che l’unica opera che avrebbe dovuto consegnare fosse “Fiat Veritas”, che Kreuk, peraltro, si è sempre rifiutato di restituire, chiedendo anche un sequestro conservativo sulla stessa a garanzia delle spese legali.
Nel Settembre 2014 il collezionista ha chiamato in causa Vō, chiedendo un risarcimento di 1.2 mln di dollari, nonostante avesse pattuito un compenso di 350.000 dollari. E quindi c’è stato chi l’ha definito come un “art flipper”, chi “gonfia” il valore delle opere d’arte, magari sfruttando la sua influenza come curatore. Per molti Kreuk non è un collezionista, ma un semplice uomo d’affari. Lui stesso ha dichiarato: “Naturalmente l’arte è diventata una classe d’investimento finanziaria: la realtà si riflette anche nei prezzi e non ci vedo niente di male. Innanzitutto compro arte perché mi piace e adoro convivere con essa. Ma chiaramente guardo al prezzo: c’è una bilancia in continua oscillazione tra principio estetico e analisi di mercato”.
La vicenda si è chiusa con una sentenza, definita dall’avvocato di Vō “senza precedenti nella giurisprudenza olandese”. La sentenza da una parte ha riconosciuto a Vō il compenso di 350.000 dollari dall’altra ha imposto la consegna dell’opera (anche se la mostra per cui era stata commissionata si era già conclusa da due anni) comminando un astreinte di 10.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento ma, soprattutto, definendo le caratteristiche che questa avrebbe dovuto avere.
Danh Vō ha così commentato la sentenza: “farò appello il prima possibile. Credo che la mia integrità artistica sia stata violata dal Tribunale, ordinandomi di creare un’opera “grande e d’effetto”. Bert Kreuk, invece, ha detto: “Sono contento che il Tribunale abbia accolto tutte le mie richieste, era quello che volevo. Era una questione di principio, i contratti vanno rispettati”.
Certo speriamo che gli effetti di questo provvedimento, anche se per adesso confinati all’Olanda, non siano uno spunto pericoloso per future lesione della libertà di espressione artistica e per l’arte.
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