L’azione inibitoria nel diritto d’autore è quell’azione che si usa per inibire o far smettere a qualcuno di utilizzare la tua opera (video, immagine o brano musicale che sia). Legittimati ad agire sono l’interessato e, nel caso in cui l’autore non sia più in vita, alcuni dei suoi congiunti (genitori, coniuge, figli) che, per tutelarsi, possono chiedere al giudice di impedire che l’illecito continui o si ripeta.
Il fine di una tale azione è dunque:
- la cessazione del comportamento abusivo;
- la richiesta di risarcimento del danno ed eventualmente la pubblicazione della sentenza di condanna.
La persona lesa può infatti ottenere, oltre all’inibitoria, il risarcimento del danno derivante dall’utilizzo indebito della sua opera.
Di solito l’azione inibitoria termina con una sentenza di condanna che ordina la cessazione del fatto o della condotta lesiva. Potrebbe però terminare con un’ordinanza e con l’adozione di provvedimenti cautelari d’urgenza (art. 700 c.p.c.).
Ma quali sono i casi più famosi di azione inibitoria?
Ne vorrei ricordare tre.
Il primo caso celebre di azione inibitoria riguarda la musica e ha visto coinvolti Emilio Isgrò contro Roger Waters, nella controversia relativa al materiale grafico dell’album del componente dei Pink Floyd “Is This The Life We Really Want?“.
La causa è finita con una transazione, ma in un primo momento il Tribunale milanese – a conferma del provvedimento del 15 giugno 2017 – si era pronunciato per iniziativa dei legali di Emilio Isgrò, concedendo l’inibitoria alla commercializzazione, alla diffusione e alla distribuzione dell’involucro, della copertina e del libretto illustrativo nonché delle etichette dell’opera discografica di Roger Waters. Per il giudice non vi erano dubbi: l’album, così come commercializzato, costituiva contraffazione dell’opera di Isgrò “Cancellatura” del 1964, la quale gode della protezione del diritto d’autore per l’originalità della sua forma espressiva.
Altro caso di azione inibitoria per plagio letterario è quella relativa al lascito autoriale del giornalista e scrittore Indro Montanelli. La causa era stata promossa dalla Signora Letizia Moizzi, nipote ed erede di Montanelli, la quale lamentava la pubblicazione ad opera del quotidiano torinese La Stampa, in occasione del centenario della nascita del giornalista, della trascrizione inedita dell’ultima lezione tenuta da Montanelli presso l’Università degli Studi di Torino, nonché di due articoli risalenti all’epoca in cui egli era legato da un rapporto di collaborazione con il quotidiano e ripubblicati per l’occasione.
Il terzo caso riguarda l’arte. Durante la manifestazione espositiva della Biennale di Venezia del 2015, sarebbe stata allestista l’installazione intitolata “Sanguinetti Breakout Area” in cui certo Samson Kambalu, artista del Malawi, avrebbe esposto, oltre a foto e disegni non di creazione del ricorrente, circa tremila fotografie tutte dichiaratamente ritraenti documenti, scritti, disegni e foto contenuti nell’archivio Sanguinetti esistente presso la biblioteca “Beinecke” e con l’avviso che detto materiale si sarebbe potuto maneggiare, fotografare e condividere on line dai visitatori della mostra.
Gianfranco Sanguinetti ha lamentato:
- la violazione da parte di Samson Kambalu e della Biennale del diritto di riproduzione previsto dall’art. 13 L.A., non essendo stata autorizzata la condotta posta in essere;
- la violazione del diritto di esposizione e di distribuzione di cui all’art. 17 L.A.; lo sfruttamento economico delle copie vietato dall’art. 68 comma 6 L.A.;
- la violazione del diritto di pubblicazione per le opere inedite, secondo il disposto dell’art. 12 L.A.
Quanto alla corrispondenza costituita dalle lettere personali riprodotte, il ricorrente ha lamentato la violazione dei suoi diritti di riservatezza. Sanguinetti ha chiesto di inibire a Fondazione La Biennale di Venezia la prosecuzione della installazione “Sanguinetti Breakout Area” e qualsiasi utilizzo del materiale esposto, con fissazione di penale in caso di inadempimento dell’emananda ordinanza. Vuoi sapere com’è andata a finire? Leggi qui la versione integrale dell’ordinanza.
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