La direttiva Barnier ha stabilito il diritto degli autori di scegliere a quale collecting affidare la gestione dei propri diritti. La normativa italiana ha recepito formalmente la direttiva ma, sostanzialmente, ha impedito ad alcune categorie di enti di svolgere l’attività di intermediazione. Infatti l’art. 180 della legge sul diritto di autore – come modificato per adeguarlo alla direttiva Barnier – ha precluso alle entità di gestione indipendente (EGI) di operare in Italia (si tratta di società con scopo di lucro che raccolgono i diritti per conto di altri). Per poter svolgere l’attività di intermediazione, tali enti sono costretti a concludere accordi di rappresentanza con la SIAE o con altre organizzazioni di gestione collettiva (OGC).
A seguito di questa “liberalizzazione all’italiana”, il 21 marzo scorso la Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi. Lo ha fatto con una sentenza che chiarisce l’interpretazione della direttiva Barnier sull’intermediazione di diritti d’autore e diritti connessi su opere musicali.
La Corte ha quindi ordinato di attuare una completa liberalizzazione del settore dell’intermediazione scardinando il duopolio Siae-Lea in Italia. La Corte ha rilevato che la normativa italiana contestata non è compatibile con il diritto dell’Unione.
Sino al 2016, la raccolta del diritto d’autore in Italia era tutta in mano a Siae. Nello stesso anno si affaccia sul mercato Soundreef, che decide di entrare nei settori radio, televisione, internet e fonomeccanico. L’Italia deve mettersi in regola con la direttiva Barnier, per la liberalizzare della raccolta dei diritti d’autore.
Cosa e chi sono Soundreef e SIAE dopo il 2017?
SIAE e Soundreef si occupano di gestione e ripartizione di royalties per conto di autori, editori o etichette discografiche. SIAE è un ente pubblico economico a base associativa, preposto alla protezione e all’esercizio dell’intermediazione del diritto d’autore in Italia, in forma di società di gestione collettiva senza scopo di lucro. Fanno la stessa cosa, ma prima della direttiva Barnier, SIAE non poteva avere competitor.
La Soundreef, gestisce i diritti inerenti al copyright per gli autori, editori e professionisti che ne fanno parte, attraverso LEA (acronimo di Liberi Editori e Autori), novella associazione non-profit, che opera in Italia secondo legge. Soundreef Ltd è una società costituita nel Regno Unito nel 2011 perchè, prima della riforma (c.d. direttiva Barnier), nessuna società di intermediazione diversa dalla SIAE poteva operare nel mercato italiano. La direttiva Barnier ha previsto infatti, che ogni artista possa scegliere liberamente a quale società europea affidare la gestione dei propri diritti d’autore, purché questa tratti gli specifici diritti. Soundreef è un Ente di Gestione Indipendente (Independent Management Entity (IME) secondo la Direttiva EU 2014/26/EU), presente nel registro pubblico delle collecting society gestito dall’Intellectual Property Office del Regno Unito, che offre servizi alternativi a quelli delle tradizionali società di gestione collettiva dei diritti d’autore come SGAE (Spanish General Society of Authors and Publishers), GEMA, SIAE e SACEM (Société des Auteurs, Compositeurs et Éditeurs de Musique). Soundreef può operare in concorrenza con SIAE nella raccolta dei diritti d’autore in Italia attraverso la non profit LEA (Liberi Autori Editori). Con questa partnership, Soundreef affida a LEA la riscossione dei diritti del proprio catalogo. L’Associazione LEA, pertanto, è il punto di riferimento per tutti gli utilizzatori che devono perfezionare apposita licenza per includere il repertorio Soundreef nei loro eventi dal vivo, nelle loro trasmissioni radiotelevisive, sulle piattaforme online o nei loro punti vendita.
LEA v. Jamendo e la Corte di Giustizia Europea
Nel 2021 LEA ha iniziato innanzi al Tribunale di Roma un contenzioso cautelare contro Jamendo,  piattaforma web con sede in Lussemburgo che distribuisce e licenzia opere musicali indipendenti. LEA sosteneva che l’attività di Jamendo sul mercato italiano fosse illegittima e anticoncorrenziale. Ciò in base al decreto di recepimento della direttiva Barnier. Tale decreto, infatti, aveva lasciato sostanzialmente immutata la precedente normativa italiana sul diritto d’autore.
La sentenza della Corte di giustizia Ue ha stabilito che le norme nazionali italiane rappresentano “una restrizione alla libera prestazione dei servizi che non è nĂ© giustificata nĂ© proporzionata”,ritenendola pertanto incompatibile con una delle norme del Trattato dell’Unione Europea. In conseguenza di tale decisione andrĂ modificato l’impianto normativo italiano attuale; e questa modifica sembra poter avvenire solo nel senso di una apertura del settore anche alle Egi, solitamente costituite da societĂ private.
Metodi alternativi per ricevere il giusto compenso dalla propria musica
Già nel 2015 in un articolo Open The music industry’s black box, uscito sul New York Times, il musicista e scrittore David Byrne lo diceva a voce alta. Forse il problema più grande che gli artisti devono affrontare oggi è la mancanza di trasparenza. L’artista è l’anello debole della catena. I musicisti sono stati privati dell’abilità di vendere musica.
Abbiamo bisogno di sapere come vengono ripartiti i guadagni sulle nostre canzoni
scriveva Byrne nell’articolo, scagliandosi contro le etichette musicali e i servizi di streaming.
Ma l’innovazione tecnologica che ha portato allo streaming musicale, può entrare in gioco anche a sostegno dell’artista. Come?
Sto parlando della Blockchain:il registro transnazionale in cui vengono annotate le transazioni della moneta virtuale Bitcoin. Un database condiviso all’interno di una rete distribuita di computer, in cui tutti i passaggi (resi inalterabili da blocchi crittografici) devono essere approvati dalla maggioranza dei partecipanti.
La Blockchain rende inutile la presenza di terze parti per validare le operazioni. Se utilizzata nel mondo dell’industria musicale, potrebbe permettere all’artista di controllare:
- la distribuzione della propria opera e
- il pagamento dei diritti senza societĂ di intermediazione e con protezione assoluta dei brani musicali.
Pensi non sia possibile? In realtà sta già funzionando!
Start up come Peertracks e Ujomusic lavorano da tempo piattaforme di distribuzione fondate sulla tecnologia della Blockchain.
L’artista carica il disco, gli ascoltatori possono ascoltarlo o comprarlo e i cosiddetti contratti intelligenti (linee di codice che applicano in automatico le clausole dello stesso) fanno in modo che il musicista venga pagato ad ogni ascolto o acquisto della propria opera. Passaggi che avvengono sotto gli occhi di tutti e senza la presenza di terze parti come etichette discografiche, piattaforme distributive e sistemi di pagamento online. In particolare, i creatori di Ujo (realizzata in collaborazione con la musicista inglese Imogen Heap) hanno messo in piedi una struttura open source fondata su un database in cui vengono registrati i diritti, i proprietari e i pagamenti automatici degli stessi.
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