Fair Use (definizione) come si applica in USA Italia Europa

Il “fair use” è una dottrina giuridica americana. Non si tratta di un diritto perché deve essere dichiarato dal Giudice. Il fair use promuove la libertà di espressione autorizzando l’uso, in alcune circostanze, di opere tutelate dal copyright senza previa richiesta di licenza d’uso. La Legge sul Copyright del 1976 stabilisce quando si è in presenza di fair use e le finalità dell’utilizzo del materiale protetto (ad esempio la critica, il commento, le finalità giornalistiche, di insegnamento, di ricerca, di parodia).

Il fair use test

fair use test

Il fair use è anche un test con cui si esaminano diversi fattori. La disciplina americana ne elenca quattro. Se rispettati, si applicherà la disciplina del fair use: pertanto non vi sarà alcuna violazione del copyright. Le Corti verificano l’uso che viene fatto dell’opera soggetta a copyright da parte di chi rivendica il fair use. Se l’uso dell’opera è stato fatto per scopi didattici e senza scopo di lucro, si dice che è fair (equo).

Non tutti gli usi dell’opera per scopi didattici e senza scopo di lucro rientrano nel fair use. C’è un caso particolare: il c.d. “transformative use” che consiste nell’aggiunta di elementi nuovi all’opera originale al fine di utilizzare la medesima per nuovi scopi. Per rientrare nella tutela del fair use non si può operare alcuna sostituzione che riguardi l’uso originario dell’opera tutelata. Questo uso potrà essere considerato dalle Corti rientrante nel fair use (sempre a seguito del “factor test”). In questo caso sarà necessario distinguere: se l’opera originale è un romanzo, un film o una canzone, la rivendicazione di un uso effettuato secondo il fair use sarà più debole rispetto all’utilizzo di un articolo tecnico o di un articolo di giornale.

Fair Use Copyright USA: la dottrina del fair use nel sistema statunitense

La dottrina del fair use è contenuta nel par. 107 dell’atto del 1976 che disciplina il copyright. Tale norma indica i requisiti che devono concorrere per poter ritenere sussistente il cd. fair use. Si ritiene che non si tratti di una elencazione tassativa bensì esemplificativa, che vale a verificare se la ripresa di un’opera d’arte originale possa essere considerata opera creativa lecita, attuando il c.d. fair use dell’opera altrui,.

I fattori da considerare devono comprendere:

  • lo scopo e il carattere dell’uso fatto dell’opera altrui, inclusa la valutazione se si tratti di un uso commerciale ovvero di uno scopo educativo o per finalità no profit.
  • Il secondo è la natura del lavoro coperto da copyright, con riferimento al tipo di opera d’arte si è inteso riprendere: si guarda quindi alla natura dell’opera originale.
  • Da ultimo, l’effetto realizzato tramite l’uso dell’opera originale da parte dell’artista successivo, con riferimento al potenziale valore di mercato o all’attuale valore di mercato dell’opera originale.

La verifica va condotta a tale riguardo per accertare se la ripresa attuata svilisca l’opera originale sul mercato oppure risulti indifferente oppure addirittura la valorizzi perché finisca con l’offrirne una interpretazione che valga a diffonderla sul mercato ad un pubblico più vasto o a rinnovare il messaggio espressivo.

Il fair use e il caso Pepe the frog

“Pepe the Frog” era un meme sino a quando il Presidente degli Usa, Donald Trump, retweetta un’immagine pubblicata dal gruppo di estrema destra alt-right: una raffigurazione di se stesso nei panni di Pepe associato ad un video intitolato “You Can’t Stump the Trump” (Non puoi troncare Trump”).

Da quel momento in poi l’alt-right decide di associare l’immagine di Pepe alla sua campagna elettorale a sostegno del candidato per la Presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump. Si scatena  una campagna per reclamare indietro Pepe dai “normies”. La trasformazione della rana verde antropomorfa in un’icona dei suprematisti bianchi viene considerata come una vittoria da parte dell’alt-right. Come ha reagito l’autore di Pepe?

Il fair use e Pepe

Il vignettista decide di “uccidere” la sua creatura, raffigurando la stessa rana in una bara. Poi lancia su Twitter la campagna #SavePepe. Ma l’Anti-Defamation League l’ha già inserita fra le raffigurazioni che incitano all’odio e all’antisemitismo. Il suo vignettista è passato alle maniere forti intentando una serie di ordini di rimozione (cease and desist letters) per violazione del diritto d’autore verso i siti “alt right”. La disavventura capitata a “Pepe the frog” ed al suo creatore Matt Furie rientra nel tema del “fair use”e del “transformative use”. Su questo punto ci si chiede se la figura della rana verde antropomorfa da parte dei gruppi alt-right possa essere considerata un nuovo personaggio distinto da Pepe the frog di Furie.

Ad opinione dell’Avvocato di Matt Furie, Louis Tompros, l’uso fatto di Pepe da parte dei gruppi alt-right non è minimamente “trasformativo”. Il loro scopo è soltanto quello di sfruttare un personaggio popolare per attirare l’attenzione su di essi, rendono “divertenti” le loro battaglie politiche.

Fair Use Italia e Internet Fair Use Europa

Per il diritto comunitario, la normativa di riferimento è la Direttiva INFOSOC (2001/29/CE), la quale prevede un sistema di limiti ed eccezioni al diritto d’autore.

In Italia una disposizione simile al § 107 (Copyright Act, titolo 17) è quella dell’art. 70 della LdA. L’articolo 70 LDA stabilisce un principio generale: “che è libera la citazione o la riproduzione parziale dell’opera e la sua comunicazione al pubblico”.

Affinchè questo principio generale sia rispettato occorre che:

  1. la citazione o la riproduzione è libera se effettuata per uso di critica e di discussione, nei limiti di tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera;
  2. la citazione o la riproduzione è libera se effettuata a fini di insegnamento o di ricerca scientifica e l’utilizzo dovrà inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali;

I limiti che la dottrina e la giurisprudenza italiana hanno individuato in merito alla “facoltà di citazione” ex art. 70 l.d.a. sono

  • deve sussistere la finalità di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica;
  • l’autonomia nei fini dell’opera critica rispetto alle finalità perseguite dall’opera citata e non deve ricoprire la funzione di sostituto dell’opera o delle sue utilizzazioni derivate. È possibile che lo scopo di critica ricorra, pertanto non viene pregiudicata, nel caso in cui la citazione venga realizzata all’interno di un’opera destinata al mercato a pagamento;
  • l’uso parziale e mai integrale dell’opera. Essa dovrà avvenire tra le  finalità tassativamente indicate e nella misura giustificata da tali finalità;
  • l’utilizzazione dell’opera non deve essere concorrenziale a quella posta dal titolare dei diritti. Non deve avere un rilievo economico tale da poter pregiudicare gli interessi patrimoniali dell’autore o dei suoi aventi causa (non dovrà avere finalità di lucro e non dovrà contenere elementi riconducibili alla concorrenza);
  • le menzioni d’uso dovranno essere indicate (ad esempio: l’indicazione del titolo dell’opera da cui è tratta la citazione, del nome dell’autore e dell’editore);
  • l’articolo 70 LDA dovrà essere interpretato in modo tale da tener conto del progresso tecnologico.

Il caso del video del dancing baby sulle note di Prince rimosso da Universal e salvato dal fair use

L’equilibrio tra legalità e illegalità in tema di diritto d’autore online è un’annosa questione basata sul principio di legge secondo il quale nessuno può appropriarsi di contenuti artistici altrui.

Il sottotitolo di questo principio cardine del diritto d’autore online riguarda un’altra questione consistente nella protezione delle opere.

Il Caso

Il caso che vede vittoriosa la mamma del “Dancing Baby” risale al 2007: Stephanie Lenz pubblica un video di 30 (trenta) secondi, con il suo bambino che balla sulle note di “Let’s Go Crazy” di Prince. L’audio è disturbato, si sente veramente male, ma non importa: Universal Music Group detiene i diritti di quel pezzo e ne notifica a YouTube la rimozione. Lenz non ci sta e li cita in giudizio, richiamando certi tipi di fair use secondo i quali chi contestava stava contravvenendo al Digital Millennium Copyright Act. Il nono circuito della Corte d’Appello degli Stati Uniti si è messo dalla parte di Lenz, sostenendo che i detentori di diritti devono considerare i casi di fair use prima di notificare avvisi di rimozione a YouTube e altri host di video: “Per essere chiari, se un detentore di copyright ignora o trascura la nostra decisione, senza considerare il fair use prima di inviare una notifica di rimozione, è responsabile dei danni …” hanno detto i giudici.

Il caso specifico farà scuola

Twitter si è organizzata per proteggere i tweet copiati e anche Facebook ne sa qualcosa: sta cercando un proprio sistema contro le violazioni dei video rubati. La legislazione statunitense in materia di copyright si basa sul “Millennium Copyright Act”, che non consente l’utilizzo da parte di terzi di materiale coperto dai diritti d’autore a eccezione del caso in cui tale utilizzo non rientri nella clausola del “fair use”, l’uso equo.

La nozione di fair use nel diritto d’autore

Il “fair use” consente l’utilizzo di materiale protetto dal copyright per scopi come il diritto di critica, il giornalismo, l’insegnamento e la ricerca: per esempio consente a un giornalista di citare un brano di un libro in un suo articolo o a un ricercatore di citare i versi di una poesia che sta studiando.

I fattori fair use

La giurisprudenza statunitense ha stabilito 4 fattori da valutare per determinare se si può parlare di “fair use” o nol’oggetto e la natura dell’uso, in particolare se ha natura commerciale oppure didattica e se è senza scopo di lucro; la natura dell’opera protetta; la quantità e l’importanza della parte utilizzata sul totale dell’opera protetta; le conseguenze di questo uso sul mercato potenziale o sul valore dell’opera protetta.

Il precedente giuridico

La sentenza sul video di Stephanie Lenz è importante perché stabilisce un precedente giuridico e apre una questione. Ogni giorno, infatti, le case discografiche e le società che detengono i diritti d’autore scandagliano internet in cerca di eventuali violazioni, facendo spesso uso di algoritmi più che del lavoro umano.

Ci sono software che ogni giorno esaminano milioni di post e video alla ricerca di materiale protetto da diritto d’autore.

Una definizione più ampia e soggettiva di “fair use” renderebbe inutile l’uso di questi strumenti, che andrebbero rimpiazzati o integrati dal lavoro di un essere umano in grado di valutare caso per caso (anche se il tribunale ha detto che un algoritmo in grado di fare questa distinzione sarebbe legale ed efficace). Il giudice del caso di Stephanie Lenz ha anche spiegato che ai responsabili del copyright che ignorino o trascurino il “fair use” prima di emettere avvisi di rimozione potrebbero essere richiesti i danni, purché il querelante dimostri che i responsabili erano in mala fede. Per ora Lenz ha ottenuto ragione solo sul fatto che la Universal non avesse considerato il “fair use” nel giudicare il suo video: per aver diritto a un risarcimento dovrà dimostrare che l’azione è stata portata avanti in mala fede.

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