CasaPound Italia e Davide Di Stefano, quale dirigente nazionale della stessa e abilitato ad utilizzare la pagina Facebook dellâAssociazione, hanno agito in via cautelare chiedendo al Tribunale di ordinare a Facebook lâimmediata riattivazione della pagina Facebook di CasaPound Italia (https://www.facebook.com/casapounditalia/) e del profilo personale di Davide Di Stefano, quale amministratore della pagina.
In data 9/9/2019 Facebook senza alcun preavviso e senza fornire alcuna motivazione disattivava la âpaginaâ dellâAssociazione di Promozione Sociale CasaPound e le pagine di rappresentanti e simpatizzanti dellâassociazione stessa.
Il Tribunale ha ritenuto che la domanda proposta fosse dotata dei presupposti richiesti dalla legge per lâemissione del provvedimento di urgenza e ha dato ragione a CasaPound.
Il ruolo di Facebook, le Condizioni dâUso e gli Standard della Community
In termini generali, in ordine allâinquadramento della fattispecie sottesa alla domanda cautelare, il Tribunale ha sottolineato il ruolo centrale e di primaria importanza ricoperto dal servizio di Facebook nellâambito dei social network e la speciale posizione ricoperta dal gestore del servizio che, in Europa, eĚ Facebook Ireland LTD.
Facebook eĚ un servizio online mediante il quale gli utenti di tutto il mondo possono entrare in contatto, condividere informazioni e discuterne tra loro nellâottica, dichiarata dalla stessa Facebook, della libertaĚ di espressione del pensiero (cfr. Standard della Community).
Il servizio opera attraverso speciali Condizioni dâUso che ne disciplinano i termini di utilizzo e regolano il rapporto tra ciascun utente italiano e Facebook Ireland e che ciascun utente, al momento della sottoscrizione del servizio tramite registrazione, si impegna ad accettare, utilizzare e rispettare: costituiscono parte integrante delle Condizioni i c.d. Standard della Community che hanno la funzione di garantire la sicurezza e la salvaguardia del Servizio Facebook e della sua comunitaĚ in quanto esprimono i comportamenti consentiti e quelli non consentiti nellâambito del servizio.
Il complesso delle regole derivanti dalle Condizioni dâUso e dagli Standard della Community rappresentano quindi il regolamento contrattuale che lâutente, al momento della registrazione al servizio di Facebook, eĚ tenuto ad accettare e rispettare.
In caso di violazione delle regole pattizie da parte dellâutente il suddetto regolamento contrattuale prevede lâirrogazione di misure qualificabili latu sensu quali sanzionatorie rappresentate (in ordine di crescente gravitaĚ) dalla rimozione di contenuti, dalla sospensione dallâutilizzo del Servizio Facebook e nei casi piuĚ gravi viene prevista la disabilitazione dellâaccount (sia temporanea che definitiva).
In particolare, merita segnalare un estratto dallâintroduzione agli Standard della ComunitaĚ secondo cui âLe conseguenze per la violazione degli Standard della community dipendono dalla gravitaĚ della violazione e dai precedenti della persona sulla piattaforma. Ad esempio, nel caso della prima violazione, potremmo solo avvertire la persona, ma se continua a violare le nostre normative, potremmo limitare la sua capacitaĚ di pubblicare su Facebook o disabilitare il suo profiloâ.
L’obbligo di Facebook di garantire il pluralismo dei partiti
Ă evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri social network ad esso collegati) con riferimento allâattuazione di principi cardine essenziali dellâordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non eĚ presente su Facebook eĚ di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalitaĚ degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento.
Ne deriva che il rapporto tra Facebook e lâutente che intenda registrarsi al servizio (o con lâutente giaĚ abilitato al servizio come nel caso in esame) non eĚ assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto Facebook, ricopre una speciale posizione: tale speciale posizione comporta che Facebook, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali fincheĚ non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dellâutente.
Il rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali costituisce per il soggetto Facebook ad un tempo condizione e limite nel rapporto con gli utenti che chiedano lâaccesso al proprio servizio.
Conseguentemente ai principi sopra esposti, lâesclusione dei ricorrenti da Facebook si pone in contrasto con il diritto al pluralismo di cui si eĚ detto, eliminando o fortemente comprimendo la possibilitaĚ per lâAssociazione ricorrente, attiva nel panorama politico italiano dal 2009, di esprimere i propri messaggi politici.
La difesa di Facebook e la misura di disabilitazione della pagina di CasaPound
Sotto altro profilo Facebook ha sostenuto di avere legittimamente adottato la misura della disabilitazione della pagina dellâAssociazione e del suo amministratore percheĚ essi, in violazione delle Condizioni dâUso e degli Standard della Community (che vietano espressamente le organizzazioni che incitano allâodio), avrebbero divulgato contenuti di incitazione allâodio e alla violenza attraverso la promozione, nella pagina di Casapound, degli scopi e delle finalitaĚ dellâAssociazione stessa.
In relazione a tale profilo il Tribunale osserva che non eĚ possibile affermare la violazione delle regole contrattuali da parte dellâAssociazione ricorrente solo percheĚ dalla propria pagina sono stati promossi gli scopi dellâAssociazione stessa, che opera legittimamente nel panorama politico italiano dal 2009.
La resistente a supporto della sua tesi evidenzia poi nella propria memoria di costituzione una serie di episodi connotati da atteggiamenti di odio contro le minoranze o violenza, che hanno visto quali protagonisti membri di Casapound i cui contenuti peroĚ non hanno trovato ingresso nella pagina Facebook di Casa Pound ma sono stati tratti da articoli comparsi su quotidiani anche on line o da siti di informazione, comunque esterni a Facebook.
Sotto altro aspetto eĚ appena il caso di osservare che non eĚ possibile sostenere che la responsabilitaĚ (sotto il profilo civilistico) di eventi e di comportamenti (anche) penalmente illeciti da parte di aderenti allâassociazione possa ricadere in modo automatico sullâAssociazione stessa (che dovrebbe cosiĚ farsene carico) e che per cioĚ solo ad essa possa essere interdetta la libera espressione del pensiero politico su una piattaforma cosiĚ rilevante come quella di Facebook.
Non vi eĚ dubbio infatti che le ipotesi di responsabilitaĚ oggettiva o âda posizioneâ nellâordinamento italiano vadano interpretate restrittivamente.
Non possono inoltre essere considerate come violazioni dirette da parte dellâAssociazione gli episodi citati dalla resistente nella memoria e riferiti a contenuti riguardanti la c.d. croce celtica o altri simboli, episodi che singolarmente non paiono infrangere il limite di cui si eĚ parlato sopra e che infatti non hanno generato la disabilitazione dellâintera pagina ma la rimozione di singoli contenuti ritenuti non accettabili.
NeĚ sono pertinenti i richiami alla giurisprudenza straniera effettuati da Facebook atteso che dalla stessa prospettazione della resistente emerge che si eĚ trattato di casi in cui la pagina veniva usata per promuovere un partito che perseguiva scopi contrari alla Costituzione, valutazione di merito che eĚ senzâaltro preclusa allâodierna resistente e che esula altresiĚ dalla cognizione cautelare della presente fase.
L’omesso avviso di disabilitazione della pagina
Quanto al profilo relativo allâomesso avviso di disabilitazione della pagina, esso non eĚ previsto in via preventiva dagli Standard della Community: il mancato riscontro della diffida dei ricorrenti puoĚ quindi al piuĚ rilevare nellâottica della buona fede ma tale accertamento non rileva rispetto alle misure cautelari invocate in questa sede.
Si è dunque concluso con una provvisoria vittoria il ricorso di CasaPound che è stato accolto. Il Tribunale ha ordinato a Facebook lâimmediata riattivazione della pagina di CasaPound Italia e del profilo personale di Davide Di Stefano, quale amministratore della pagina.
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