Il coccodrillo della Lacoste vince sul caimano polacco (di Claudio Bovino)
La notorietà del coccodrillo Lacoste consente di respingere la domanda di registrazione, proposta dalla società polacca Mocek e Wenta, di un marchio figurativo costituito da forme di coccodrillo o di caimano per prodotti in cuoio, vestiti e scarpe. Secondo i giudici comunitari, infatti, sussisterebbe un rischio di confusione tra i due marchi e la rappresentazione del “rettile polacco” (coccodrillo o caimano che sia) potrebbe essere percepita come una variante della rappresentazione del coccodrillo francese, ormai ampiamente nota al grande pubblico.
La notorietà del coccodrillo Lacoste consente di respingere la domanda di registrazione, proposta dalla società polacca Mocek e Wenta, di un marchio figurativo costituito da forme di coccodrillo o di caimano per prodotti in cuoio, vestiti e scarpe.
Lo ha dichiarato il Tribunale Ue, con una sentenza che potrebbe così chiudere la disputa cominciata nel 2007 tra le due società. Secondo i giudici comunitari, infatti, sussisterebbe un rischio di confusione tra i due marchi e la rappresentazione del “rettile polacco” (coccodrillo o caimano che sia) potrebbe essere percepita come una variante della rappresentazione del coccodrillo francese, ormai ampiamente nota al grande pubblico.
Il fatto
Il celebre brand “Lacoste“, rappresentato dal profilo di un coccodrillo con la coda ritorta, campeggia da poco meno di un secolo sui capi di abbigliamento fondata nel 1933 dal tennista francese, Renè Lacoste, uno dei cosidetti ‘quattro moschettieri’ che riuscirono a strappare la Coppa Davis agli Usa nel 1927.
Lacoste era stato soprannominato “coccodrillo” dalla stampa statunitense, per via della sua tenacia in campo e per la sua passione per le borse in pelle, dopo che fu resa nota la scommessa che aveva fatto con Pierre Gillou, il capitano della squadra francese: visto che Lacoste era rimasto letteralmente affascinato da una elegante borsa di coccodrillo esposta in una vetrina, Gillou prima lo aveva preso in giro e, poi, gli aveva promesso una valigia in coccodrillo se avesse vinto una partita importante per la squadra. Cosa che, puntualmente, accadde.
Robert George, amico di Lacoste, gli disegnò un coccodrillo che fu, poi, ricamato sul blazer che questi indossava in campo. Il simboletto divenne un vero portafortuna per Lacoste che se lo fece ricamare anche sui calzini e sulla maglietta, sino a diventare, cinque anni dopo, nel 1933, il marchio della sua linea di abbigliamento, ormai noto in tutto il mondo.
Nel 2007, la società polacca “Eugenia Mocek e Jadwiga Wenta KAJMAN Firma Handlowo – Usługowo – Produkcyjna (“Mocek e Wenta”) ha chiesto all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (UAMI ora EUIPO) di registrare, come marchio comunitario per diversi prodotti e servizi (in particolare borse, vestiti e cuscini per animali, scarpe e locazioni immobiliari), un segno figurativo rappresentato dalla figura di un rettile stilizzato, e segnatamente un caimano con la testa rivolta verso destra, la coda ritorta verso il basso e il corpo parzialmente composto dalle lettere della parola “kajman“.
La Lacoste è intervenuta, invocando il marchio comunitario anteriore da essa detenuto, e l’EUIPO ha respinto parzialmente la domanda di registrazione, accogliendola in pratica solo per le locazioni immobiliari.
La “Mocek e Wenta” si è, perciò, rivolta al Tribunale dell’Unione europea.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale ha respinto il ricorso della società “Mocek e Wenta” confermando la decisione di diniego della registrazione.
Nel suo esame, il Tribunale ha innanzitutto verificato innanzitutto se esista un rischio di confusione tra i segni in conflitto, cosa che può accadere allorquando essi abbiano un certo grado di somiglianza visiva, fonetica e concettuale.
Orbene, secondo il Tribunale, tra i due segni vi è effettivamente una debole somiglianza visiva: essi hanno in comune la rappresentazione di un rettile dell’ordine dei coccodrilli e il grande pubblico memorizza in generale solo l’immagine imperfetta di un marchio (in entrambi i casi, la rappresentazione di un rettile dell’ordine dei coccodrilli, presentato di profilo con la coda ritorta).
Il Tribunale non ha preso in considerazione ai fini della sua decisione l’aspetto fonetico, ritenendolo non pertinente, dato che il marchio della Lacoste non comprende elementi denominativi.
Secondo i giudici comunitari, i segni in conflitto presentano una somiglianza per lo meno media sul piano concettuale, poiché gli elementi figurativi di ognuno di tali segni si riferiscono al concetto di rettile dell’ordine dei coccodrilli.
Ma -si domanda il Tribunale- la “debole somiglianza visiva” e la “media somiglianza concettuale” dei segni in conflitto permettono di affermare che vi sia il rischio che i consumatori li possano confondere?
In merito, il Tribunale sottolinea che il marchio della Lacoste ha acquisito, grazie all’uso, un carattere distintivo elevato per i prodotti in cuoio (segnatamente le borse), i vestiti e le scarpe, i giudici comunitari lo ritengono un fatto incontestato.
Pertanto, per quanto riguarda questi tre tipi di prodotti, esiste un rischio di confusione, poiché il grande pubblico rischia di credere che i prodotti recanti i segni in conflitto provengano dalla stessa impresa o da imprese legate economicamente.
In particolare, secondo il Tribunale, la rappresentazione del caimano della Mocek e Wenta potrebbe essere percepita come una variante della rappresentazione del coccodrillo della Lacoste, essendo quest’ultima ampiamente nota al grande pubblico.
Corte di Giustizia, Prima camera, 30 settembre 2015, n. T-364/13
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