Un marchio ben costruito e una pubblicità persuasiva sono una “parte fondamentale della strategia di vendita”, idonei a creare, “nella mente del consumatore, un’associazione tra il bene fisico e l’immagine mentale” che fa scattare il desiderio di acquistare quel prodotto. Il marchio, infatti, è l’elemento con il quale viene identificata un’azienda. […] destinato ad aumentare il suo valore con il passare del tempo, via via che aumenta la sua notorietà e diffusione”.
Il marchio e la pubblicità sono due elementi che accomunano il caso di un appassionato di Food&Beverage che ha deciso di dedicarsi alla produzione di Birra Artigianale e che ci ha chiesto di registrare il marchio della sua birra consistente nel nome e nell’immagine di un personaggio, interpretato da un famoso attore italiano deceduto, di un film del 1975.
La domanda è: si può registrare come marchio il nome del personaggio di un film e sull’etichetta riprodurne l’immagine?
Utilizzare il nome di un Character come marchio è una questione che è già stata affrontata in giurisprudenza. Pensiamo al caso Popeye fino al recentissimo caso Betty Boop, Sentenza n. 953/2016 del Tribunale di Bari – Sezione Specializzata in materia di Impresa.
Nel caso del 2016, il giudice, ha rigettato la domanda di contraffazione di marchi aventi ad oggetto il noto personaggio di fantasia Betty Boop avanzata da un importante colosso editoriale. La tutela si limita alla sola “rappresentazione grafica del personaggio e solo con gli elementi identificativi scelti che gli conferiscono carattere distintivo e originalità”.
I diritti di marchio spettanti al titolare dello stesso non possono coprire il personaggio in quanto tale, ma solo una sua specifica rappresentazione grafica. Pertanto, chi non possa vantare diritti d’autore sul personaggio non può tentare di sostituirli e di “eternarli” tramite la registrazione di marchi.
Il marchio – ancorché valido – consente unicamente di proteggere da un rischio di confusione circa l’origine dei prodotti, e cade esclusivamente sulla specifica immagine oggetto di registrazione. Diversamente si finirebbe per assicurare al titolare del marchio una tutela più ampia (anche perché potenzialmente non soggetta a termini temporali) rispetto a quella attribuita all’autore dell’opera dalla normativa sul diritto d’autore.
Sfruttamento post mortem del diritto di immagine di un attore deceduto. A chi spettano i diritti?
I personaggi di fantasia sono suscettibili di rappresentazione grafica e pertanto, ex art 7 CPI, possono “assurgere a rango di segni registrabili come marchio”. Nel caso del produttore della birra artigianale, non solo il suo marchio consiste in un personaggio di fantasia ma è anche il volto di un attore italiano famoso, deceduto da quasi un ventennio.
L’art 93, 2 co, l. n. 633/1941 (Legge sul Diritto d’Autore), riconosce che, in caso di sfruttamento post mortem dei diritti di immagine di un attore, il consenso all’utilizzo dovrà essere richiesto al coniuge e ai figli, o “mancando il coniuge, i figli e i genitori, dei fratelli e delle sorelle, e, in loro mancanza, degli ascendenti e dei discendenti diretti fino al quarto grado”.
“Solo la presenza di prioritarie esigenze di pubblica informazione, rende lecita la divulgazione dell’immagine del V.I.P. anche in mancanza del suo consenso […] (Pretura di Milano 19-12-1989).”
Il titolare del marchio o il produttore di birra artigianale che intende registrarlo, sarà tenuto a chiedere l’autorizzazione all’utilizzo dell’immagine dell’attore ed eventualmente a corrispondere un compenso a fronte della concessione del diritto di sfruttamento. Diversamente, si configurerebbe uno sfruttamento illegittimo dell’immagine del personaggio, ma soprattutto dell’attore noto che lo interpreta, integrando una lesione al diritto esclusivo all’immagine e un “danno qualificabile come lucro cessante (prezzo del consenso e prezzo dell’immagine).”
I diritti allo sfruttamento economico dell’immagine possono essere lasciati in eredità, in quanto beni intangibili?
Un’ipotesi peculiare riguarda il caso di Robbie Williams, che ha lasciato i propri diritti di immagine in eredità ad una organizzazione no profit, la quale dovrà gestirli, distribuirli e donare poi il ricavato ad organizzazioni umanitarie per 25 anni.
Nei sistemi in cui vige il Copyright, la cessione dei diritti d’immagine è resa possibile data la natura del diritto che nasce con l’intento di promuovere la diffusione della cultura. In sostanza, “funziona tramite l’assegnazione di privilegi e benefici a editori e autori.” È, semplicemente, “una condizione artificiale concessa per lo sviluppo del progresso”.
In Italia, la tutela del diritto d’autore, quale diritto che sorge nel momento in cui l’opera viene ad esistenza, tutela la persona/autore. Dunque, per il loro carattere personalissimo, i diritti di immagine non possono essere trasferiti a terzi, né per atti inter vivos, né mortis causa.
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