I diritti di utilizzazione economica, come stabilisce l’art. 25 della legge sul diritto d’autore, si mantengono per tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte. Tale durata è indipendente dal fatto che gli stessi vengano esercitati o meno.
Indipendentemente dai diritti di utilizzazione economica dell’opera, l’autore ha e conserva, anche dopo la cessione di essi, una serie di facoltà, chiamate diritti morali d’autore, che sono regolamentate agli artt. da 20 a 24 della legge sul diritto d’autore.
Lo scopo del diritto morale d’autore è quello di proteggere la personalità dell’autore quale si manifesta nella sua opera, purché questa rientri tra quelle che possono formare oggetto di tutela.
La sensazione che il rapporto tra autore e opera non sia un rapporto giuridico meramente patrimoniale ma incida anche negli interessi della personalità, ha origine antica. La questione era stata dibattuta dal diritto romano, che ha protetto il diritto d’autore come diritto della personalità, con l’esercizio dell’actio iniuriarum.
I diritti morali d’autore
Il diritto morale d’autore, che questi conserva anche dopo l’eventuale cessione dei diritti di utilizzazione economica, non soffre di alcuna limitazione temporale. Alla morte dell’autore potrà essere esercitato, dai soggetti a lui legati da vincoli di parentela o coniugio, come indicato all’art. 23 della legge sul diritto d’autore.
I diritti morali hanno lo scopo di proteggere la personalità dell’autore, sono incedibili e indisponibili, per cui nascono in capo a lui automaticamente con la creazione dell’opera e di questi l’autore stesso non può liberamente disporre.
Sì, hai capito bene: l’autore non può disporre liberamente di questi diritti. Rimangono in capo a lui, anche se lui non ne vuole più sapere di loro!
Il diritto morale d’autore: paternità e integrità dell’opera
In particolare, i diritti morali sono:
- il diritto a rivendicare la paternità dell’opera, cioè a essere riconosciuto come il creatore della stessa;
- il diritto all’integrità dell’opera, in virtù del quale l’autore si può opporre a deformazioni, modificazioni e a ogni altro atto a danno dell’opera stessa, che possano comportare pregiudizio all’onore o alla reputazione dell’autore;
- il diritto di ritirare l’opera dal commercio per gravi ragioni morali.
Nella mia esperienza professionale mi è capitato di difendere un cliente dall’opposizione fatta dagli eredi di Ugo Tognazzi in merito all’utilizzo dell’immagine del padre su un’etichetta di birra artigianale toscana che si chiamava Conte Mascetti. L’immagine riportata sull’etichetta era, infatti, quella di Tognazzi nella veste del conte Raffaello Mascetti, da lui interpretato nel celebre film Amici miei. L’operazione, evidentemente a scopo di lucro, era stata fatta senza il consenso degli eredi. Così facendo il mio cliente ha sbagliato perché i diritti morali, diversamente da quelli patrimoniali, sono imprescrittibili e, dopo la morte dell’autore, possono essere fatti valere anche dai suoi congiunti. Gli eredi di Tognazzi si sono così opposti all’uso di questa immagine per sponsorizzare la birra del mio cliente, che ha dovuto bloccare immediatamente la produzione.
Civil law v. common law
Quella dei diritti morali dell’autore è una grande invenzione propria degli ordinamenti che, come il nostro, rientrano nei cosiddetti sistemi di civil law.
Negli ordinamenti regolati invece dal diverso sistema di common law, come quelli anglosassoni, il diritto morale dell’autore non è proprio considerato. Questi paesi, per esempio il Nord America, l’Australia e il Regno Unito, che sono soggetti solo alle leggi sul copyright, considerano il diritto d’autore come una proprietà da regolare allo stesso modo. Questo vuol dire che, una volta che l’opera viene venduta a qualcuno, l’autore non ha più potere né diritti sulla stessa.
E se pensi che la nostra legge del 1941 sia antica, tieni presente che la prima legge sul copyright in Inghilterra, risale al 1709. Sì, hai capito bene! Sto parlando dello Statuto di Anna che è stato promulgato nel 1709 ed è entrato in vigore il 10 aprile 1710.
Prende il nome dalla regina Anna di Gran Bretagna, che era al tempo a capo del regno e oggi è considerato a tutti gli effetti la radice dalla quale è nata la legge sul copyright. Come ti dicevo, una volta venduta, la proprietà non appartiene più al suo autore e il nuovo proprietario può farne ciò che vuole, persino intitolarsela e dire che è sua, senza che l’autore originario possa avanzare alcun diritto di paternità sull’opera stessa. Contrariamente a quanto succede nei paesi anglosassoni, il nostro diritto, mette al centro, all’opposto, la persona e non la proprietà.
Tutela del diritto morale d’autore dopo la morte
Dopo la morte, il diritto morale d’autore spetta ai congiunti superstiti. Tale diritto affonda le radici nella relazione familiare — affettiva, intellettuale, esistenziale — che lega i superstiti familiari al defunto autore.
In una parola potrebbe dirsi che, mentre il diritto morale d’autore vivente è posto a tutela del rapporto autore-opera, il diritto morale dei congiunti è posto a tutela del rapporto congiunti-defunto.
Pur restando fermo che il punto di riferimento degli obblighi di astensione a carico dei terzi, è sempre quella determinata opera dell’ingegno, protetto non è più il rapporto autore-opera, ma il rapporto congiunti-autore defunto, cioè l’interesse morale dei congiunti al rispetto verso la memoria del morto, in particolare al rispetto verso quell’a-spetto della personalità di lui quale si è espressa tramite l’opera dell’ingegno (Greco e Vercellone 1974, 346).
Tutela del diritto morale d’autore dopo la morte dell’autore: il ruolo del gruppo familiare
Il gruppo familiare, in definitiva, viene visto come sede innata degli affetti, in cui la memoria, il prestigio, la fama del defunto autore vengono naturalmente custoditi come cosa comune. Luogo degli affetti, per altro verso, inteso come ambito tendenzialmente invalicabile, nel senso che l’autore — il quale non può disporre per causa di morte del suo diritto morale — non può investire altri soggetti, coinvolti in legami affettivi non inquadrati nell’istituzionale vincolo familiare, della tutela morale delle opere sue.
Questioni in tema di esercizio del diritto morale d’autore: il diritto sulla biografia
Se il protagonista del film che vuoi raccontare fosse morto, dovresti chiedere l’autorizzazione ai suoi familiari per utilizzarne la storia?
È successo alla Universal per la biografia di Barry Seal.
Il diritto morale d’autore e l’opera cinematografica
Per quanto riguarda il diritto morale d’autore, anche per l’opera cinematografica, si applica quanto stabilito dalla legge in merito alle opere dell’ingegno. Ma in questo caso, che cosa potrebbe configurare una lesione del diritto morale d’autore? Potrebbe essere considerato lesivo, per esempio, aggiungere il sonoro a un film muto, prescindendo dal consenso dell’autore oppure colorare un film che era stato girato in bianco e nero.
È accaduto in Francia a proposito del film Giungla d’Asfalto (The Asphalt Jungle) del 1950. In quel caso gli eredi dell’autore si sono opposti, con ragione, alla trasmissione del film a colori che invece in origine era in bianco e nero. Il film, diretto da John Huston, si ispira al romanzo La giungla d’asfalto scritto, un anno prima, da W.R. Burnett. Questi i fatti. La Turner Entertainment Company aveva stipulato un accordo con il canale televisivo francese La Cinq, per trasmettere il film, originariamente in bianco e nero, a colori. Gli eredi di John Huston si opposero alla diffusione della versione colorata del film, presentando una denuncia per lesione del diritto morale d’autore e il 23 novembre 1988, in Francia, ne fu proibita la trasmissione. Il 6 luglio 1989, La Cinq vinse in appello e trasmise il film proprio il 6 agosto 1989, il giorno dopo l’anniversario della morte di Marilyn Monroe. La Corte di Cassazione annullò la sentenza emessa il 6 luglio 1989, affermando che colorare il film trasformava l’opera d’arte originale, in misura tale da poter potenzialmente violare i diritti morali dell’autore.
Questo esempio aiuta a capire che la deformazione di un’opera, nel caso di specie un film, può essere intesa in vari modi e anche a seconda delle epoche storiche. Intendo dire che oggi certe mutilazioni dell’opera non sono più considerate lesive. Per esempio un problema molto dibattuto (soprattutto in passato) riguardava la possibilità che gli autori di un’opera cinematografica potessero invocare l’art. 20 per opporsi alle interruzioni pubblicitarie dei propri film. Gli interessi che hanno dato origine al problema sono evidenti. Da un lato vi erano quelli delle emittenti televisive a mandare in onda il maggior numero di pubblicità per finanziare la propria attività; dall’altro vi erano gli interessi morali degli autori a non vedere falsata la propria personalità creativa attraverso l’interruzione pubblicitaria dei film; da un altro lato c’era il pubblico che aveva interesse a fruire di un’opera senza limitazioni di alcun genere. Oggi la pubblicità non è più così invasiva durante i film, anche perché abbiamo diversi altri modi per guardarli rispetto alla sola televisione che avevamo in passato.
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